Tour al «Washington Post» in vista di un film sulla libertà di stampa
di Alessandra Baldini (ansa.it, 27 maggio 2017)
Tom Hanks, Meryl Streep e Steven Spielberg nella redazione del «Washington Post» a scuola di grande giornalismo. Attori e regista si sono inchinati alla leggendaria testata del Watergate il cui nuovo motto, dopo l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, è “la verità muore al buio”.Scopo del tour nel quartier generale che ha visto nascere Tutti gli uomini del presidente era un sopralluogo in vista di The Post, il film sulla libertà di stampa che esplorerà il ruolo del quotidiano nella pubblicazione dei “Pentagon Papers”, un documento top secret del ministero della Difesa sulla guerra del Vietnam. Il dossier, passato nel 1971 al «Washington Post» e al «New York Times» dalla “talpa” del Pentagono Daniel Ellsberg, è considerato la più grande fuga di segreti militari prima di Wikileaks con Ellsberg che divenne il primo “whistleblower” dell’era moderna a finire in carcere per aver divulgato segreti di Stato. Anche i giornali finirono a processo per difendere il diritto di andare in stampa. Fu la Corte Suprema a dare luce verde con una sentenza che mai come oggi, con Trump che ha definito i media “nemici del popolo americano”, appare più attuale. Nel film diretto da Spielberg, Hanks avrà la parte di Ben Bradlee, allora il direttore del giornale, mentre la Streep sarà la proprietaria Kay Graham. Col primo ciak a giorni, il regista ha nuovamente accantonato uno dei suoi progetti più cari, Il rapimento di Edgardo Mortara. Il team di Hollywood è stato fotografato da un giornalista del «Post», David Nakamura, che ha postato l’immagine su Twitter. Dopo un saluto all’editore Paul Ryan, i premi Oscar (ben otto in tre) hanno partecipato alla normale riunione di redazione con i giornalisti e il direttore Marty Barron, arrivato al «Post» dal «Boston Globe» dove ha guidato l’inchiesta premio Pulitzer sui preti pedofili che ha ispirato un altro film Academy Awards: Il caso Spotlight. Intanto, sempre in chiave anti-Trump, il regista Michael Moore si prepara a un nuovo affondo: “Può Broadway portare alla caduta di un presidente?”, si legge sulla locandina del monologo The Terms of My Surrender che il regista di Fahrenheit 9/11 intende portare a teatro per 12 settimane a partire da luglio: “Una commedia umoristica su un Paese che ha eletto un pazzo”, ha detto al «New York Times» lo stesso Moore, dedicando la sua prossima fatica “all’America che ancora pensa”.