Gli influencer, il narcisismo e Sangiuliano

Maria Rosaria Boccia via Instagram

di Riccardo Luna (huffingtonpost.it, 3 settembre 2024)

Cosa possiamo imparare dalla vicenda grottesca del ministro Gennaro Sangiuliano e della sua consigliera fantasma Maria Rosaria Boccia, di cui si occupano da giorni i giornali? (non le tv, le tv sono in qualche modo vicine al governo e se ne sono occupate solo per registrare la rassicurazione posticcia del ministro alla premier Meloni: non ha visto carte segrete, non abbiamo speso un euro per lei. Sì vabbè).

Intanto una cosa facile: oggi se vuoi insultare qualcuno, se lo vuoi denigrare, se vuoi far capire che non vale nulla, lo devi definire influencer o digital creator. Maria Rosaria Boccia può legittimamente essere presentata in molti modi: è una piccola imprenditrice, è una manager (nel senso che gestisce progetti), è una che si occupa di organizzare eventi, non sappiamo quanto grandi, e la relativa comunicazione. Nulla nel suo curriculum dice che si tratta di una influencer.

Tra l’altro ha preso due lauree, “una in una università telematica”, viene sottolineato, anche qui per denigrarla, dimenticando i tanti lavoratori che devono ricorrere a corsi di laurea on line perché le nostre grandi e prestigiose università ancora non mettono a disposizione questa modalità didattica. Tra l’altro definirla influencer quando non lo è svilisce l’impegno di quanti invece sui social hanno costruito una legittima impresa personale divulgando contenuti di vario tipo, non necessariamente idioti. Oggi se vuoi attaccare qualcuno, chiamarlo influencer purtroppo è un’opzione.

C’è poi un secondo insegnamento: stanno venendo fuori centinaia di foto che ritraggono la Boccia con il ministro in questo ultimo anno e mezzo (non tre mesi, come ha appena scritto Sangiuliano); e poi screenshot di conversazioni. E presto arriveranno anche gli audio, ne sono certo. Ma fermiamoci sulle foto: sono sempre le stesse, quelle che postiamo anche noi, selfie in posa, spesso in posti importanti o bellissimi, abbracciati al vip di turno (in questo caso il ministro) per dire a tutti: guarda quanto sono figo, guarda quanto sono felice.

A guardarla bene non è vera felicità, la nostra, è solo la sua ostentazione. Come se il fatto di aver vissuto una cosa bella non ci bastasse più se non possiamo gridarlo a tutti. Come se la riservatezza fosse diventata uno spreco o, peggio, un peccato. Gennaro Sangiuliano, sin qui, è stato un ministro della Cultura imbarazzante: sarebbe buffo se cadesse per qualcosa che lo accomuna a tutti noi. Il narcisismo.

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