(quotidiano.net, 27 maggio 2020)
Tornano in primo piano le tensioni razziali negli Stati Uniti, dopo che ieri un afroamericano – George Floyd, 46 anni – è stato ucciso da un agente di polizia che l’ha soffocato bloccandolo a terra e premendogli il collo con un ginocchio. «Lasciatemi, non riesco a respirare…» sono state le sue ultime, drammatiche parole. L’intera sequenza è stata filmata da una passante in un video choc che adesso scuote gli Usa.
In particolare a protestare sono gli atleti dell’Nba, che, non potendo scendere in campo, hanno utilizzato i social media per urlare lo sdegno e il dolore. Nel corso di una manifestazione di protesta a Minneapolis la tensione con la polizia è cresciuta, con gli agenti che, incalzati dall’avanzata dei manifestanti, sono ricorsi al lancio di gas lacrimogeni. Alle molte manifestazioni di protesta si aggiunge la forte presa di posizione di LeBron James, stella dell’Nba. Il campione dei Lakers ha postato sul suo profilo Instagram la foto di Floyd trattenuto dal ginocchio dell’agente di polizia e, accanto, la foto di Colin Kaepernick, il giocatore di San Francisco che nel 2016 rimase in ginocchio all’inno americano intonato prima di una partita di football per protestare contro le violenze ai danni degli afroamericani. «Svegliati, hai capito ora o non è ancora chiaro?» è il commento di Lebron alle due foto.
Tutta l’Nba insorge per l’inaudita violenza della polizia, ma per l’ex giocatore dell’Nba Stephen Jackson quella morte significa qualcosa in più: Jackson e Floyd erano infatti amici fraterni, essendo cresciuti insieme in Texas, come ha ricordato lo stesso Jackson in lacrime su Instagram. «Tutti sanno che ci chiamavamo l’un l’altro “Gemello”. Era andato in Minnesota per cambiare la sua vita guidando camion, gli avevo mandato due o tre scatole di vestiti, stava facendo la cosa giusta. E voi avete ucciso mio fratello. Ora andrò a Minneapolis, farò tutto ciò che mi è possibile per non far passare la vicenda sotto silenzio». Anche Steve Kerr, capo-allenatore dei Golden State Warriors, su Twitter ha ripostato il video, scrivendo: «Questo è un omicidio. È disgustoso. Sul serio, cosa diavolo è andato storto in noi????». La popstar Madonna ha dedicato un post su Instagram alla vicenda in cui fa parlare semplicemente la vittima, per darle, oltre al nome, un volto e una voce, aggiungendo l’hashtag #JusticeForGeorgeFloyd.
Centinaia le persone scese piazza a Minneapolis. Poco prima il sindaco Jacob Frey, un democratico, aveva annunciato il licenziamento dei quattro agenti coinvolti, che, come mostra il video, non hanno dato ascolto all’uomo che gridava «Non respiro» né ai passanti che chiedevano di togliergli il ginocchio dal collo. Con cartelli con scritto «No giustizia, no pace», «Black Lives Matter» e «Basta linciarci», i manifestanti, che indossavano le mascherine come richiesto dagli organizzatori, hanno sfilato, scadendo lo slogan «Non posso respirare», dal luogo dove Flyod è stato ucciso fino al distretto di polizia. Qui sono intervenuti agenti in tenuta antisommossa che hanno usato gas lacrimogeni per disperdere la folla. Tra le richieste dei dimostranti, che vengano resi noti i nomi dei quattro agenti e le incriminazioni mosse nei loro confronti. Sul caso, oltre all’agenzia investigativa del Minnesota, sta indagando l’Fbi. Floyd – che aveva dei figli ed è stato descritto come un dipendente modello dal proprietario del Conga Latin Bistro, dove lavorava come guardia di sicurezza – era disarmato e ammanettato con la faccia a terra quando l’agente gli ha messo il ginocchio sul collo.
Il video girato da una passante, che poi l’ha caricato sulla propria pagina Facebook, mostra come per alcuni minuti la vittima chiede invano all’agente di togliere il ginocchio, urlando «Non posso respirare». Poi chiude gli occhi e non parla più. All’inizio la polizia ha detto che l’uomo aveva «opposto resistenza all’arresto». Ma il sindaco Frey, ieri sera, ha detto: «è apparso chiaro che la prima dichiarazione non era accurata». Poi Frey ha definito il licenziamento dei quattro poliziotti «la decisione giusta per la nostra città, la nostra comunità e il dipartimento di polizia di Minneapolis». «Per cinque minuti abbiamo visto un agente bianco che premeva il suo ginocchio sul collo di un uomo nero indifeso. Per cinque minuti. Non si è trattato di una cattiva decisione di pochi secondi», aggiungendo che il coinvolgimento dell’Fbi è stato naturale di fronte a un fatto di questo genere. Il veloce licenziamento degli agenti contrasta con il comportamento tenuto da polizia e autorità locali di fronte ad altri casi di uccisione di afroamericani da parte di agenti, che, negli anni scorsi, hanno fatto nascere il movimento di protesta Black Lives Matter.