Geopolitica della menzogna: il falso vince sempre sul vero

LaPresse

di Marco Gervasoni (huffingtonpost.it, 3 agosto 2024)

Il falso e le menzogne sono più attraenti del vero e del reale. Le prime stimolano l’immaginazione, sono poesia, il vero è solo, tristemente, prosa. Il falso è semplice, chiaro, evidente, il vero e il reale invece sempre complessi, sfumati e non rilucono. La menzogna soddisfa la libido, il vero quasi mai placa le pulsioni. Il falso, infine, è quasi sempre più credibile del vero.

Nella nuova logica distorta era, infatti, più credibile che ad assassinare tre bimbe nel Regno Unito fosse un immigrato islamico. Era più credibile che, all’inaugurazione delle Olimpiadi, si fosse “profanata” l’Ultima Cena. Era, infine, più credibile, che una pugilessa algerina, Imane Khelif, fosse in realtà un uomo o un trans (che poi sarebbero pure due generi diversi). Peccato che tutte e tre fossero notizie false. Ma il confine tra vero e falso, tra reale e immaginario, è diventato talmente labile che ciò che è falso appare oggi assai più verosimile di ciò che è vero.

Vediamo il primo caso, quello delle tre bimbe accoltellate a Southport, a Nord di Liverpool. Partita da un’oscura rete tv (tra poco ne vedremo in realtà l’appartenenza), la notizia che l’accoltellatore fosse un immigrato islamico è stata diffusa sui social media, da cui sono stati lanciati inviti a “riot” organizzati dai neonazisti e dai “patrioti” dell’estrema destra. In diverse città inglesi si sono susseguiti scontri con la polizia, che promettono di continuare, anche se la procura ha dovuto rivelare l’identità del presunto omicida, nonostante sia minorenne: nato in Inghilterra da genitori ruandesi, sembra non islamico. Non era vero nulla, insomma, era una “fake news”! Ma, nonostante questo, i “patrioti” e i neonazisti promettono di assaltare le moschee.

Dalla tragedia inglese passiamo alla farsa italiana, propria del paese di Pulcinella, per dirla con il giovane Antonio Gramsci: la cerimonia di apertura delle Olimpiadi, con la cosiddetta profanazione dell’Ultima Cena di Leonardo, considerato tra l’altro chissà perché un pittore italiano nonostante l’Italia all’epoca non esistesse, il quale, per trovare un po’ di tranquillità, anche economica, dovette scappare da Francesco I, in Francia. Peccato che la rappresentazione non riguardasse l’Ultima Cena ma una scena di Baccanali. E tuttavia, come i neonazisti inglesi dopo la rivelazione della falsa notizia, così i nostrani ayatollah cattolici hanno proseguito per giorni a vaticinare “l’offesa al cristianesimo”.

Ancora più da Commedia dell’Arte, da paese delle Maschere, di Arlecchino servo di due – e spesso anche più – padroni, la vicenda della pugilessa algerina Imane Khelif. Nonostante fosse stato chiarito subito che non fosse un transessuale (che poi, un transessuale algerino è un po’ come un trotzkista lussemburghese…) ma una donna a tutti gli effetti, parlamentari di maggioranza, svariati ministri e personalità istituzionali hanno egualmente continuato a ripetere il falso. Personalità non solo italiane. E qui veniamo al punto. Alla geopolitica della menzogna.

Che cosa accomuna, infatti, le tre vicende? Il probabile imprinting russo. Sul caso di Southport, quello che ha lanciato la falsa notizia, Channel 3, è un oscuro sito; ma poi oscuro neanche tanto, se, come scrive Mark Sellman sul Times del 2 agosto, è “russian-linked”. Sulla vicenda Khelif, tutto è pure partito da Mosca e da un oligarca russo, amico di Vladimir Putin, che ha squalificato l’atleta algerina lasciando intendere il suo essere un trans. Sull’Ultima Cena, infine, più che di fake news si è trattato di un’azione di disturbo e di confusione, condotta in diretta da account riconducibili alla “fasciosfera” francese lepenista e soprattutto zemmouriana, legate entrambe a Mosca, come spiegano su la Repubblica del 2 agosto Anais Ginori e Giuliano Foschini.

Nei due casi delle Olimpiadi è poi intervenuta pure la sfera dell’estrema destra statunitense di Elon Musk e Donald Trump, che però si è interessata anche alla vicenda inglese: lì i conservatori hanno condannato le rivolte naziste; ma non l’ha fatto Nigel Farage, alleato di Trump e Musk, e grande fan di Putin – i neonazisti l’hanno invocato addirittura come loro primo ministro. Non occorre essere complottisti al contrario, QAnon “di sinistra”, per intravedere più di un filo, non rosso ma nero. Per carità, gli estremisti di destra possono essere razzisti di loro, anche senza l’appoggio russo, ma è certo che l’obiettivo della Disinformatia, una pratica in cui Mosca eccelleva già ai tempi degli zar, è quello di creare confusione nei vari Paesi, soprattutto in quelli che, per diverse ragioni, sono nel loro mirino: il Regno Unito, in prima fila persino più degli Usa sull’Ucraina, e la Francia di Emmanuel Macron e delle Olimpiadi da cui sono stati esclusi.

Come spiegano da anni studiosi e giornalisti, e più recentemente Anne Applebaum nel volume Autocracy, Inc., la Russia e la Cina sono all’origine di questa sfera: anche se non sempre sono azioni riconducibili direttamente a loro, anzi quasi mai (Mosca e Pechino non sono sprovveduti), l’operazione di avvelenare i pozzi fa parte, ben prima dell’invasione dell’Ucraina, della guerra che questi due Paesi conducono contro le democrazie liberali. E fanno leva sulla nuova condizione psicologica degli occidentali: la credulità è sempre esistita, ma raramente come in questi ultimi anni il potere del falso è diventato una sorta di farmaco contro le psicosi e le ansie di milioni di persone – un farmaco molto più dannoso della malattia, però.

V’è poi un altro elemento nuovo. La Disinformatia, appunto, è sempre esistita, o almeno da qualche secolo. E la filosofia, dai tempi del Sofista di Platone, si occupa del falso: ma non è un caso se è solo negli ultimi decenni, da Jean Baudrillard a Gilles Deleuze fino al “nuovo realismo” di Graham Harman, che il tema del falso e della menzogna sono ritornati focali. Ѐ il potere dei media e da ultimo dei social, che – come scrive su Le Monde del 2 agosto Daniel Lacerda, professore alla Business School di Montpellier, commentando la falsa notizia della profanazione all’Ultima Cena – sono «armi di distruzione di massa»: i difensori della democrazia, scrive, «sottostimano il pericolo delle piattaforme di estrema destra, contrapponendo loro la “ragione” e i “fatti reali”». Peccato appunto, che, come si è visto nei casi di Southport e di Imane Khelif, il fatto reale, il vero diciamo, non scalfisca per nulla la convinzione del falso e soprattutto il suo effetto mobilitante.

Si chiedono in molti, e da ultimo anche la già citata Applebaum, se in questa guerra asimmetrica tra democrazie liberali e autocrazie, che controllano anche i social media, non via sia qualche modo in Occidente per impedire di essere bombardati dalle false notizie di Mosca (e di Pechino). Non ho risposte, anche se si potrebbe cominciare permettendo l’iscrizione alle piattaforme social solo ad utenti reali, tramite il caricamento di un documento d’identità. Una convinzione sola ho: che non si può combattere la guerra contro il falso esclusivamente a colpi di dialettica e di razionalità. Così come il porto d’armi in tutti i Paesi civili è regolato, bisogna sapere che un account può essere oggi più pericoloso di una semiautomatica.

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