Frances McDormand l’antidiva, ai Bafta non veste di nero: «Ho problemi con la disciplina. Le mie idee politiche sono private»

(huffingtonpost.it, 19 febbraio 2018)

Gli Oscar di quando in quando riservano sorprese ma stando al tabellino di vittorie di premi delle ultime settimane, e alle valutazioni degli esperti (anche in scommesse), è l’antidiva per eccellenza Frances McDormand la favorita nella cinquina delle attrici protagoniste, grazie all’intensità del suo ritratto di una madre che pur di trovare giustizia per la figlia sfida la polizia locale in Tre manifesti a Ebbing, Missouri.McDormand_Bafta_2018E al red carpet [dei Bafta Awards, N.d.C.] lascia il segno non andando vestita in total black. «Le mie idee politiche sono private, ma il mio femminismo influenza la mia vita professionale. Interpreto personaggi femminili, quindi ho l’opportunità di cambiare il modo in cui le persone li guardano — ha dichiarato lei stessa in una recente intervista al New York Times —. Anche se non lo facessi coscientemente, accadrebbe comunque, solo per come sono come donna o come persona. Mi presento in un modo che non è stereotipato, anche se sto giocando un ruolo stereotipato». Non mancano comunque le avversarie agguerrite, dalla ventitreenne Saoirse Ronan per l’agrodolce romanzo di formazione Lady Bird a Sally Hawkins, volto della sensibile Elisa, donna delle pulizie muta e innamorata di una creatura anfibia in La forma dell’acqua. Ha molti sostenitori anche Margot Robbie, per il provocatorio ritratto dell’ex campionessa di pattinaggio artistico Tonya Harding, in Tonya. E rinfresca il suo record, arrivando a ventuno nomination, Meryl Streep, nei panni di Katherine ‘Kay’ Graham, volitiva proprietaria del Washington Post pronta a mettersi contro la Casa Bianca in The Post. Brillante, dallo humour tagliente, allergica ai riti dei red carpet e dei photocall, Frances McDormand è una delle migliori attrici della sua generazione, capace di conquistare negli ultimi anni anche un Tony Award per Good People e un Emmy per la miniserie Olive Kitteridge. Dopo l’Oscar vinto ventuno anni fa per Fargo dei fratelli Coen («lavoro spesso con loro perché vado a letto con uno dei due» scherza spesso l’attrice, moglie di Joel Coen), ottiene la sua quinta candidatura agli Academy Awards dando volto a Mildred, madre in cerca di giustizia, e forse di vendetta, in Tre manifesti ad Ebbing, Missouri di Martin McDonagh. Frances «ha una profonda rettitudine interiore e una sua fierezza — ha detto a The Times il regista e sceneggiatore —. L’integrità che c’è in tutto quello che fa la rendeva perfetta per questa parte». Tra le avversarie con più chance di rovesciare i pronostici c’è Saoirse Ronan, ventitreenne nata a New York da genitori irlandesi e cresciuta in Irlanda, che ottiene con la dramedy di formazione Lady Bird, opera prima di Greta Gerwig, la sua terza nomination agli Oscar, dopo quelle per Espiazione del 2008 e per Brooklyn nel 2016. Per Saoirse, che ha iniziato a recitare da bambina, Lady Bird è frutto di una nuova attenzione nello scrivere i ruoli femminili: «Quando avevo diciassette e diciotto anni non c’erano personaggi così — ha spiegato a Indiewire —, ha in sé delle fragilità ma anche una sorta di magia». Tra i nuovi film di Saoirse c’è Mary, Queen of Scots, dove ha come coprotagonista/nemica proprio una delle sue rivali agli Oscar, Margot Robbie. Classe 1990, australiana, Margot si era messa in luce in The Wolf of Wall Street di Scorsese ed ha rubato la scena a protagonisti come Will Smith e Jared Leto nei panni della “cattiva ragazza” Harley Queen in Suicide Squad. La sua personalità emerge appieno nel dare volto alla campionessa di pattinaggio Tonya Harding, coinvolta nel ferimento della compagna di squadra Nancy Kerrigan, in Tonya di Craig Gillespie. Le colleghe con cui è in gara agli Oscar «le ammiro molto, mi spingono ad essere un’attrice già guardando le loro performance — ha detto a The Australian —, figuriamoci avendo il mio nome pronunciato nella stessa frase con i loro». Figlia di due famosi autori di libri per bambini, la londinese Sally Hawkins, classe 1976, già da anni elettrizza il West End e il cinema d’autore (ma non solo) con le sue performance. Tra i cineasti che hanno creduto in lei ci sono Mike Leigh e Woody Allen, che l’ha voluta in film come Sogni e delitti e Blue Jasmine, per il quale l’attrice ha conquistato quattro anni fa una nomination all’Oscar come miglior attrice non protagonista. Guillermo Del Toro le regala il suo primo grande ruolo, scritto apposta per lei, da protagonista a Hollywood con il suo fantasy/umanista/pacifista La forma dell’acqua. «Guillermo sa esattamente quello che vuole — ha spiegato l’attrice a Rtbf —. Ha questa visione incredibile, la conosce, la sogna, e inserisce noi tutti al suo interno». Per la prima volta diretta da Steven Spielberg, Meryl Streep conquista la ventunesima candidatura (già tre gli Oscar vinti, per Kramer contro Kramer, La scelta di Sophie e The Iron Lady), con The Post, un film che «celebra la libertà di stampa e una donna che ne è stata un simbolo, Kay Graham» ha detto spesso nelle interviste. Sul fatto di essere arrivata a ventuno nomination, ha scherzato: «Sono anche l’attrice che ha perso più Oscar nella storia del cinema». Ma alle porte c’è un altro record, se non da battere, almeno da eguagliare: se ottenesse infatti una quarta statuetta, arriverebbe a quattro vittorie attoriali agli Academy Awards come Katharine Hepburn.

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