di Davide Piacenza (esquire.com, 18 dicembre 2023)
Maledetto il Paese che ha bisogno di influencer. C’è un’email pubblicata dal Corriere della Sera nel contesto del famigerato scandalo sui pandori “Pink Christmas” a marchio Chiara Ferragni venduti l’anno scorso da Balocco, che andrebbe discussa. È quella in cui un anonimo funzionario dell’azienda dolciaria torinese risponde caustico alle richieste del team dell’influencer, spiegando: «Mi verrebbe da rispondere [al team Ferragni]: In realtà le vendite servono per pagare il vostro cachet esorbitante».
Su quale sia la cifra esatta di questo cachet non c’è ancora concordia, ma poco importa: la cronaca dice che il team Ferragni avrebbe insistito per l’inserimento nel comunicato della partnership di come le vendite del pandoro griffato avrebbero finanziato «un percorso di ricerca» per bambini gravemente malati «promosso dall’Ospedale Regina Margherita di Torino», quando in realtà Balocco aveva già fatto all’ospedale una piccola donazione separata. Lo scandalo generato dall’avvertimento ha di certo causato non pochi grattacapi alla Ferragni, che ha chiuso i suoi commenti su Instagram e subìto un’emorragia di follower senza precedenti, oltre a essere finita nel mirino della premier Giorgia Meloni ad Atreju. Ma anzitutto dovrebbe portarci a riflettere su un punto: perché ci aspettiamo che a fare del bene siano gli influencer?