#femtroll, le nuove regine di TikTok

Linkiesta Etc

di Vittoria Martinotti (linkiesta.it, 18 febbraio 2025)

Le anti-eroine sono cool già da un pezzo. Dalla letteratura ai film, alla musica, dipinte come chainsmokers (fumatrici incallite), spacca cuori e party girls, si muovono come creature mitologiche con la grazia distruttiva di un tornado con il rossetto sbavato. Ragazze ribelli, indisciplinate, troppo cattive per essere salvate e troppo carismatiche per essere ignorate.

Sono diventate it girl nel momento in cui hanno deciso di sovvertire le aspettative della società, continuando però a piangersi addosso, a commiserarsi. Ma oggi, nella giungla tossica di Internet, una nuova entità ha preso il sopravvento: la femtroll. Non più una semplice ragazza cattiva, ma un’entità post-ironica, una trappola semantica ambulante che ride mentre tutto attorno va in frantumi.

Ma chi sono esattamente le femtroll? La loro definizione migliore non è accademica, né può essere confinata dentro un’etichetta rigida. Per capirlo, basta tuffarsi su TikTok e cercare l’hashtag #WomenInMaleFields, trend che ha trasformato il cinismo delle giovani donne in performance collettiva. Il format è semplice: ragazze che, sulle note di Anaconda di Nicki Minaj (2024), si filmano con disarmante nonchalance nelle loro attività quotidiane, corredate da didascalie che recitano cose tipo «mi ha rifiutata e quindi l’ho ucciso #WomenInMaleFields» o «quando mi ha chiesto perché l’ho tradito ho risposto che è nella mia natura, ero in pre-ciclo e sono una donna con dei bisogni #WomenInMaleFields».

Non è (solo) una battuta, non è neanche una confessione criminale. È satira, revenge fantasy, una presa in giro della narrativa tossica che ha governato i rapporti relazionali per troppo tempo. Si potrebbe pensare che sembra tutto piuttosto deprimente, però perché funziona? Perché risuona così profondamente tra le ragazze della Gen Z? Perché è cattivo, feroce ma soprattutto, terribilmente divertente. Sotto la sua ironia, però, cova un malcontento generazionale vasto e caotico come un gruppo Telegram complottista a tre giorni dalle elezioni americane.

Da sempre la cultura giovanile è stata ribelle, ma questa generazione non ha bandiere da issare. Non si riconosce nella sinistra progressista, che percepisce come didascalica e moralista, e non si allinea alla destra reazionaria. La sua arma non è lo slogan politico, ma il trolling. Infrange le regole della comunicazione convenzionale rendendosi intraducibile. Crea linguaggi contorti, e l’alfabeto di questa entità misteriosa è effettivamente simile a una “bibbia internettiana”, una preghiera che ha trovato il modo di auto-diffondersi col più affascinante e inquietante dei metodi.

Le femtroll si muovono in modo sottile, ma letale. Creano glitch nel sistema, si nascondono dietro il paravento dell’assurdo, e rendono impossibile capire quando scherzano e quando fanno sul serio. E questo le rende pericolose agli occhi di chi vuole disperatamente capirle, perché non sa come controllare qualcosa che non riesce a definire. Una femtroll non chiede il permesso di esistere. Si prende lo spazio con un tweet, un meme, un video che dura tre secondi ma ti rimane impresso per giorni. E nel frattempo, ridacchia mentre chi cerca di decifrarla impazzisce.

A prima vista le femtroll potrebbero sembrare solo delle ragazzine deliranti, ma chi ha osservato con attenzione il fenomeno sa che dietro il loro atteggiamento disinvolto si nasconde qualcosa di più profondo. Il loro cinismo non è un esercizio di stile, ma il risultato di una profonda disillusione. Le femtroll hanno visto come esprimere un’opinione possa costare la carriera, come il mercato del lavoro le sfrutti e come il femminismo pop si sia trasformato in un brand da svendere ai grandi marchi. Il loro atteggiamento è la logica conseguenza di un mondo che ha promesso l’emancipazione femminile e ha consegnato pinkwashing e ceo girlboss che venerano il sistema patriarcale che le ha messe al potere.

In risposta flirtano con l’estetica trad cath (la versione kitsch ed esagerata della cattolica reazionaria), con il conservatorismo americano, con la destra ironica. Ci credono davvero? Probabilmente no, ma fa incazzare le persone giuste. Essere fraintese è parte del gioco, e con il loro umorismo nichilista si muovono con la leggerezza di chi non ha nulla da perdere. C’è qualcosa di decadente nel loro approccio, abbracciano la volgarità, il cattivo gusto, l’eccesso, tutto ciò che il mondo civilizzato condanna.

Perché indossano il narcisismo come un’armatura glitterata, fanno proprie identità frammentate e performative, e si rifiutano categoricamente di essere definite. Una femtroll può essere una femminista radicale e il giorno dopo giocare con la retorica misogina. Può postare un video mentre studia per un esame all’università e poi uno con la didascalia «ha vinto il patriarcato, voglio essere mantenuta da un ricco daddy». Contraddittoria? Sì, ma chi ha detto che la coerenza è l’unica risorsa per la costruzione di nuovi mondi?

La femtroll esiste per disturbare, per spingere la cultura mainstream ai suoi limiti, per rendersi ingovernabile. Il femtrolling è l’arma perfetta per smontare il politically correct e l’identitarismo progressista. Il “Vibe Shift”, espressione coniata da Sean Monahan nel 2022, descrive proprio questo passaggio: l’umorismo contorto e l’estetica della post-verità come risposta alla cultura woke.

Non è un caso che mentre le sottoculture femminili del Web stavano decostruendo i loro padri simbolici (e non), distruggendo icone d’infanzia con lo spirito di chi vuole smantellare le illusioni del passato, anche la figura della on line girl stessa sta mutando. Da Tumblr a TikTok, dalle indie sleaze fashion blogger alle pagine meme disfattiste, la “ragazza” su Internet è diventata sempre più difficile da definire, sempre più imprevedibile.

Il futuro appartiene alle femtroll? Probabilmente sì, Internet ha bisogno di loro. La cultura pop ha bisogno di loro. Sono una nuova formula di resistenza, persino la pubblicità le vuole – anche se una vera femtroll vuole essere cancellata, non monetizzata. Sono la risposta perfetta a un’epoca che prende tutto troppo sul serio.

Viviamo in una cultura che ci divora ma non ci ama. Le femtroll lo hanno capito, e invece di cercare di conformarsi, hanno deciso di incarnare l’errore. Di essere il bug nel sistema, il cortocircuito dell’ideologia, di celebrare la distruzione attraverso la loro stessa esistenza. Non si tratta di costruire, di educare o di migliorare la società. Si tratta di ridere mentre tutto brucia.

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