di Manuel Peruzzo (ilfoglio.it, 2 maggio 2021)
Ieri sera Fedez ha usato la televisione come fosse il proprio account Instagram. Durante l’esibizione al concerto del Primo Maggio su Raitre ha tirato fuori il discorso dalla tasca e ha annunciato: “Ho dovuto lottare però alla fine mi hanno dato il permesso”, che già non è una premessa da Martin Luther King. Dopo essersi rivolto a Draghi (“Caro Mario”) chiedendogli di occuparsi anche dei lavoratori dello spettacolo, è passato alla parte in cui i vertici Rai avrebbero, secondo lui, voluto censurare la parte che riguarda gli aforismi leghisti contro i gay, una serie di frasi che ti farebbero cacciare da qualsiasi reality show, che vanno da gay arrosto a vittime di aberrazioni della natura.
Poi è arrivata la smentita della Rai: “Si tratta di una cosa che non è mai avvenuta”. E qui arriva la seconda parte della vicenda: quella che sposta l’attenzione dall’attivismo di un cantante alla sua canonizzazione, o quella che nel marketing digitale si chiama aumentare il valore del personal branding (Mario Draghi non lo direbbe mai, lo so). Questa smentita ha convinto Fedez a usare Instagram come fosse la tv, pubblicando il video della conversazione avvenuta il giorno prima con un autore che gli dice “quelle parti non possono essere citate in quel contesto”, e con Ilaria Capitani, vicedirettrice di Raitre, che solleva obiezioni di opportunità. Conversazione piena di tagli come in Report o Le Iene, quelle che ti fanno sembrare subito colpevole e mostro. Gli dicono che forse non è il contesto più opportuno, e lui risponde urlando come Fabrizio Corona: “Perché non posso dire che un consigliere leghista brucerebbe un gay in un forno?”. Forse perché non è il tuo blog ma è un concerto e si vuole evitare di trasformarlo in una balconata di un programma di Santoro? Alla fine ha detto quello che voleva dire, ed è anche riuscito a passare per imbavagliato. Quando pensiamo a qualcuno senza voce pubblica pensiamo proprio a Fedez. E a Madonna.
“Meno male che ho registrato la telefonata. Non pensavo di dover arrivare fino a questo punto”, dice il nostro Navalny (il quale però non è perseguitato, ma è un santo in Lamborghini, per citare Marco Bentivogli, non che ci sia nulla di male). Non è chiaro a cosa ti serva registrare una chiamata se non hai intenzione di usarla, ed è inspiegabile che la Rai smentisca una propria legittima richiesta in modo così goffo e facendosi mettere in una situazione mediaticamente imbarazzante (probabilmente hanno chiamato Fedez da un telefono a gettoni pensando d’essere al sicuro da uno che registra e condivide la propria vita). Misterioso anche in che modo uno possa censurare una diretta (chi poteva proibire a Sinéad O’Connor di strappare la fotografia del Papa?). Ma una cosa è chiara: Fedez stava lavorando.
Tutti vogliono salire sul carro, anzi sulla Lamborghini, dei Ferragnez, perché sperano di ottenere un po’ del loro sentiment positivo. Alcuni esempi? Luigi Di Maio che imita Barbara D’Urso: “Conosco Fedez da tempo, oltre ad essere un cantante di grande talento è una persona che in tutto quello che fa mette sempre il cuore”; Enrico Letta, dall’invisibile Partito Democratico, che “ringrazio Fedez perché il fatto che una persona come lui parli di questi temi, con la forza e con la visibilità che ha, rompe il tabù creato sul #DdlZAN”; pure Virginia Raggi, che non ha capito bene la polemica ma la vuole calcare, scrive che Fedez “è stato un grande e ha ragione. Bisogna ripartire dal lavoro, dal sostegno a chi è rimasto indietro e dai diritti di tutti”. In tutto questo Chiara Ferragni, in tutta comodità dal Grand Hotel Tremezzo di Como, si complimentava col marito per essere coraggioso e andare contro tutti.
Ma siamo sicuri che Fedez sia andato contro tutti? Cosa c’è di più popolare oggi di difendere gli omosessuali dai violenti contro i messaggi bigotti? Se Fedez avesse difeso i lavoratori di Amazon, avremmo detto che è coraggioso (perché aveva tutto da perdere). Se dice che Ostellari, relatore del Ddl Zan, è un ostruzionista, dice quello che pensiamo tutti (e ha da guadagnarci, è la politica del like). L’unico modo oggi per essere maschi privilegiati etero cis senza risultare tossici è “esporsi” per la buona causa, possibilmente con le unghie smaltate (17,75 euro, link in bio). Se sei d’accordo con me puoi parlare, altrimenti devi stare zitto e non ti permettere di avere un’opinione su una cosa che non puoi capire. Caso chiuso. Libertà difesa.
I Ferragnez stanno costruendo il loro consenso usando cause popolari. Fanno male? No. Sono ricchi, simpatici, privilegiati e riescono a essere amati. Ne hanno fatta di strada dalla foglia di lattuga calpestata nei supermercati. E ha ragione chi pensa che Fedez sia la nuova Rosa Parks. Non nel senso che lotta contro un sistema profondamente ingiusto e discriminatorio rischiando la prigione, ma nel senso che la Parks sapeva che per usare la storia di Claudette Colvin in modo strategico, l’infermiera nera minorenne che non voleva alzarsi dal suo posto sul bus per lasciarlo a un bianco, servivano un volto e una persona rispettabili e fotogenici. Così, nove mesi dopo, apparecchia la stessa scena con gli attivisti del Naacp e assicurandosi i fotografi per arrivare al pubblico. Se ci fossero stati i social avrebbero detto: Claudette Colvin ha pochi follower, non funzionerà.