di Simone Fontana (wired.it, 26 ottobre 2020)
Fin dalla sua nascita, avvenuta ormai più di un decennio fa, Facebook ha improntato la sua comunicazione pubblica sulla costruzione di un’immagine imparziale, lontana dalle dinamiche politiche e volta a preservare la libera espressione sulla piattaforma. Eppure dietro le quinte del popolare social network le cose sarebbero andate molto diversamente. Almeno secondo il Wall Street Journal, che in un recente articolo dal titolo Come Mark Zuckerberg ha imparato la politica delinea i tratti di quella che appare come un’azienda fortemente influenzata dalle decisioni prese a Washington.Una dipendenza intensificatasi a partire dal 2016 e cruciale al punto da aver reso necessarie scelte di campo e pesanti attività di lobby, non sempre prive di conseguenze dirette sulle scelte della compagnia. Facebook sarebbe insomma diventato un vero e proprio attore politico, in grado di condizionare attivamente il processo democratico negli Stati Uniti. Spesso in modo consapevole, come quando nel 2017 – sempre stando al racconto del Wall Street Journal – ha modificato il suo algoritmo per ridurre la visibilità di siti e testate apertamente schierate a Sinistra.
La maturazione politica di Facebook
Come racconta il quotidiano economico americano, il cambio di passo nelle decisioni di Zuckerberg è iniziato all’indomani delle elezioni presidenziali americane del 2016, quando Facebook è finito sotto i riflettori della critica per la sua debolezza nel contrastare la disinformazione presente sulla piattaforma. Per la prima volta nella sua storia, Facebook aveva giocato un ruolo nel processo elettorale degli Stati Uniti e anche se ancora oggi non è possibile valutarne la reale influenza, da più parti hanno iniziato a giungere richieste di maggior controllo e regolamentazione.
Mark Zuckerberg, che in un primo momento aveva scelto di minimizzare il presunto apporto fornito dalla sua creatura alla vittoria di Donald Trump, aveva virato poi verso una parziale assunzione di responsabilità, accompagnata dalla promessa che una simile dinamica non si sarebbe mai più ripetuta. Da quel momento per il fondatore di Facebook è iniziato un percorso non facile, che aveva come obiettivo quello di trasformare il social network in una piattaforma neutrale ed evitare così di restare invischiato in beghe politiche potenzialmente dannose per gli affari della compagnia.
Il percorso si è rivelato più accidentato del previsto, complice la problematicità nell’approcciare una personalità controversa come quella di Trump, mai interessato da provvedimenti di Facebook nonostante alcuni dei suoi contenuti violassero apertamente le linee guida della piattaforma. È a questo punto della storia che il Wall Street Journal fa risalire la discesa in campo silenziosa di Zuckerberg, avvenuta dietro le quinte e mai troppo pubblicizzata.
La fase filo-governativa di Mark Zuckerberg
Zuckerberg ha iniziato così ad avvicinarsi a influenti personalità politiche del mondo conservatore, con l’aiuto del fondatore di PayPal, Peter Thiel, sostenitore di Trump e tra i primi finanziatori esterni di Facebook ai tempi della sua creazione. Grazie a Thiel (e a Joel Kaplan, il vicepresidente delle politiche pubbliche globali di Facebook, già nello staff presidenziale del repubblicano George W. Bush), Zuckerberg riuscì in breve tempo a tessere relazioni con il genero di Trump, Jared Kushner, e con il ministro del Tesoro, Steven Mnuchin, amicizia che secondo il Wall Street Journal sarebbe alla base della decisione dell’amministrazione Trump – poi sospesa – di bandire TikTok dal suolo americano.
L’avvicinamento al mondo conservatore avrebbe non solo permesso a Zuckerberg di influenzare le decisioni governative riguardanti la diretta concorrenza di Facebook (oltre che nel caso TikTok, il Wall Street Journal riferisce anche di un tentativo, da parte di Zuckerberg, di sollecitare più stringenti controlli nei confronti di Apple), ma anche di tenere sotto controllo le questioni relative all’Antitrust, che preoccupano Zuckerberg sia sul versante americano sia su quello europeo.
Il nuovo approccio politico del numero uno di Facebook si sarebbe dispiegato anche nel campo dei media, con un progressivo avvicinamento a personalità vicine a Trump come Ben Shapiro, co-fondatore di Daily Wire, sito web (tra le realtà con più engagement su Facebook a livello mondiale) che secondo NewsGuard «distorce spesso i fatti per avanzare opinioni di parte». Come racconta sempre il Journal, Shapiro e Zuckerberg non sono amici, ma avrebbero cenato insieme in almeno un’occasione, scambiandosi da allora pareri su questioni politiche e filosofiche.
Nella seconda metà del 2017 Facebook ha scelto di ricalibrare l’algoritmo che regola i contenuti presentati nella sezione notizie, con l’obiettivo di ridurre la presenza di notizie politiche. «Le persone deputate a occuparsi delle policy erano preoccupate dal fatto che la scelta potesse avere un impatto maggiore sulla Destra, incluso il Daily Wire» scrive il Wall Street Journal, e per questo «gli ingegneri ripensarono i cambiamenti in modo tale che i siti di Sinistra fossero penalizzati più di quanto originariamente previsto». Non è dato sapere quanto la vicinanza tra Zuckerberg e Shapiro abbia influito sulla decisione, ma secondo il report fu proprio il fondatore di Facebook a dare il via libera definitivo al piano.