(ilpost.it, 27 settembre 2022)
Da giorni in Iran è difficilissimo connettersi a Internet per via del blocco imposto dal governo in riposta alle proteste per la morte di Mahsa Amini, la ventiduenne morta in un carcere di Teheran il 16 settembre dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato correttamente il velo. Il multimiliardario statunitense Elon Musk ha risposto al blocco annunciando l’attivazione sul territorio iraniano di Starlink, il servizio di Internet satellitare che promette di fornire una connessione stabile e veloce alle persone che vivono in zone particolarmente remote e isolate, dove non arrivano le infrastrutture tradizionali. Ma non è ancora chiaro se si tratti di un’iniziativa effettivamente utile.
A partire dal maggio del 2019 SpaceX, l’azienda spaziale guidata da Elon Musk, ha lanciato in un’orbita particolarmente vicina alla Terra oltre 2.300 satelliti a cui è possibile collegarsi con un modem e una piccola antenna parabolica – detta Dishy – usando un’app scaricata sul proprio dispositivo. Questo permette quindi di connettersi a Internet anche da territori dove per vari motivi è molto difficile avere una linea stabile, come le zone di guerra o quelle particolarmente remote o povere, dove mancano gli investimenti per costruire infrastrutture come cavi e ripetitori. Al momento, però, il servizio di Starlink è disponibile soltanto in alcune regioni del pianeta: principalmente l’Europa, il Nord America, parti molto limitate del Sud America, l’Australia e la Nuova Zelanda.
I piani per estendere il mercato a nuovi Paesi sono più volte slittati, e l’attesa per ottenere il proprio Dishy può durare mesi. Il motivo è che, da una parte, c’è bisogno di almeno 10mila satelliti in orbita prima di poter offrire un servizio completo alla maggior parte del mondo, e SpaceX al momento è lontana da questo obiettivo. Dall’altra parte, non è possibile far funzionare un servizio come Starlink senza ottenere prima una licenza governativa in ciascun Paese: questa primavera, ad esempio, SpaceX aveva dovuto rimborsare tutti i clienti indiani che avevano pre-ordinato un Dishy perché le contrattazioni con il governo stavano impiegando più tempo del previsto.
Fino a pochi giorni fa, l’Iran era uno dei posti in cui Starlink non solo non era attivo, ma dove non era neanche previsto un lancio nei prossimi mesi: a causa delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti su un grande numero di individui e aziende, il commercio con l’Iran è particolarmente complesso e rischioso per le aziende occidentali. La situazione è però cambiata quando l’Iran ha bloccato l’accesso a Internet durante le eccezionali proteste degli ultimi giorni. A un tweet del segretario di Stato americano Antony Blinken, che annunciava la decisione di «promuovere la libertà di Internet e il libero flusso di informazioni per il popolo iraniano» allentando le sanzioni per le aziende tecnologiche che gestiscono piattaforme di social network, strumenti per videoconferenze e servizi cloud, Elon Musk ha risposto: «Sto attivando Starlink». In un primo momento, Blinken ha specificato che SpaceX non rientrava nei casi previsti dal provvedimento, ma a distanza di pochi giorni il governo ha autorizzato l’attivazione.
L’idea è che il servizio di Internet satellitare privato possa permettere agli iraniani di aggirare le reti di comunicazione terrestre oscurate dal governo, e Musk è stato elogiato da più parti per la sua iniziativa. Ma, nella pratica, ci sono una serie di intoppi che rendono altamente improbabile che Starlink possa fare la differenza per gli iraniani che vogliono eludere la censura statale, almeno sul breve periodo. Gli ostacoli sono di natura sia logistica sia politica. Per potersi connettere non è infatti sufficiente che il servizio sia attivo nel proprio Paese e che si abbia scaricato l’app di Starlink: è necessario essere in possesso del modem e dell’antenna parabolica, che va tra l’altro puntata verso una porzione di cielo completamente libera. Da un punto di vista economico, lo stesso acquisto del kit è difficilmente sostenibile per molti iraniani che vivono da anni una crisi economica aggravata dalle sanzioni statunitensi: antenna e modem di accesso costano circa 500 euro, mentre l’abbonamento mensile per accedere a Internet è di 99 euro.
C’è un solo caso recente in cui un grande numero di set per l’installazione di Starlink sono arrivati velocemente in un Paese dove il servizio era appena stato attivato, ed è quello dell’Ucraina. Su richiesta del ministero della Trasformazione digitale locale, e con un finanziamento di circa 3 milioni di dollari da parte del governo statunitense, dall’inizio dell’invasione russa sono arrivati in Ucraina oltre 4mila apparecchi. Secondo un reportage di Politico, Starlink si è rivelato particolarmente prezioso per i militari stanziati nell’Est del Paese: «Le truppe ucraine che hanno resistito nell’acciaieria Azovstal a Mariupol sono state in grado di mantenere i contatti con i loro comandanti e persino con Zelensky – e di condurre interviste video in diretta con i giornalisti – perché avevano un sistema Starlink nella fabbrica assediata».
In Iran, però, la situazione è molto diversa. Se Ucraina e Stati Uniti erano allineate anche prima dell’invasione, il rapporto con l’Iran è apertamente ostile dalla rivoluzione islamica che aveva rovesciato lo scià filoamericano Mohammad Reza Pahlavi e instaurato il regime dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, fortemente antiamericano, nel 1979. «Ovviamente, il governo iraniano non approverà l’operazione», ha detto Musk al Financial Times. «Ci sarebbe bisogno di qualcuno che compri effettivamente i terminal e li porti di contrabbando in Iran, ma correrebbe un rischio, perché il governo non sarà contento». Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanaani ha già criticato la decisione di Blinken, dicendo che «riducendo la gravità di una serie di sanzioni nel settore delle comunicazioni, pur mantenendo la massima pressione sul Paese, gli Stati Uniti stanno cercando di portare avanti i loro obiettivi contro l’Iran».
È improbabile che l’attivazione di Starlink non venga vista a sua volta come un attacco: d’altronde, i rapporti strettissimi tra SpaceX e il governo americano sono internazionalmente noti. Il governo iraniano, peraltro, potrebbe anche avere diritto di impugnare l’introduzione di Starlink nel Paese senza licenza legale a livello internazionale, ad esempio denunciando la mossa impropria presso l’International Telecommunication Union (Itu), l’organismo di regolamentazione delle comunicazioni internazionali delle Nazioni Unite. Considerati questi ostacoli, vari osservatori hanno fatto notare come l’iniziativa di Musk possa essere vista più come una mossa di marketing che come un effettivo contributo alla causa dei manifestanti iraniani. «Come al solito Elon Musk riceve riconoscimenti per non aver fatto nulla», ha scritto il critico Paris Marx, facendo riferimento al fatto che l’imprenditore è noto per le sue promesse e i suoi proclami poi non mantenuti.
Sul Guardian, la professoressa e attivista femminista Azadeh Akbari ha scritto invece che «le grandi aziende tecnologiche orientate al profitto, come Starlink di Elon Musk, che fornisce l’accesso a Internet via satellite e sarà attivata in Iran, sfruttano l’opportunità per compiere gesta eroiche. Il suo annuncio si è diffuso senza che nessuno menzionasse il fatto che tali sistemi necessitano di hardware speciale, licenze dell’International Telecommunication Union e connessione a sistemi di pagamento internazionali da cui le banche iraniane sono tagliate fuori a causa delle sanzioni. Per alleviare un danno non c’è bisogno di aprire la strada alle grandi aziende tecnologiche in un Paese in cui non esistono chiare norme sulla protezione dei dati o sulla privacy». Al momento, racconta Al Jazeera, l’annuncio dell’attivazione di Starlink in Iran ha prodotto un risultato principale: la proliferazione di truffatori che hanno messo in circolazione malware fingendo che si trattasse del software necessario per connettersi a Starlink.