di Rosalba Castelletti (repubblica.it, 21 aprile 2019)
L’attore comico Volodymyr Zelens’kyj è riuscito a trasformare il copione in realtà: da tre stagioni interpreta il ruolo del presidente in una popolare serie tv, ma ora si avvia a diventare per davvero il nuovo leader dell’Ucraina. Secondo i primi exit poll diffusi alla chiusura delle urne, le 20 locali, le 19 italiane, avrebbe raccolto tra il 72,7% e il 73,7% dei consensi.
«A tutti i cittadini dei Paesi post-sovietici, dico: guardateci! Tutto è possibile!», sono state le sue prime parole. Largamente battuto il presidente in carica Petro Porošenko, in cerca di un secondo mandato: secondo i primi rilevamenti sarebbe rimasto fermo tra il 25,3% e il 27,3%. Ha ammesso la sconfitta: «Lascio la presidenza del Paese dal prossimo mese. Così ha deciso la maggior parte degli ucraini e accetto questa decisione», ha detto congratulandosi con il rivale per la vittoria. Un exit poll aggiornato verrà diffuso alle 22 ore locali, le 21 in Italia. Nel quartier generale del candidato presidente Volodymyr Zelens’kyj si respirava già da ore un clima di festa. Staff e giornalisti giocavano a ping pong o a biliardino in attesa dei risultati di un voto cruciale non solo per il Paese, ma anche per la Nato e l’Unione Europea. Alle 15 locali, l’affluenza era intorno al 45%, più alta rispetto al primo turno elettorale quando il comico 41enne aveva ottenuto il 30,4% dei voti, quasi il doppio del suo rivale 53enne, fermo al 16%. Degna di una campagna atipica, la giornata non è stata priva di sorprese. Un’attivista delle Femen, il gruppo ucraino femminista di protesta, si è presentata al seggio di Zelens’kyj mostrando sul petto la scritta “Pig in a poke”, “Acquisto a scatola chiusa”. Molti in Ucraina considerano infatti il volto nuovo della politica un’incognita: Zelens’kyj ha presentato un programma vago e si è sottratto alle interviste, nonostante l’appello di venti media ucraini. Altro siparietto quando, nel pomeriggio, la polizia si è presentata nel quartier elettorale per multare Zelens’kyj perché aveva mostrato ai giornalisti la scheda elettorale compilata prima d’immetterla nell’urna. «Giusto, ho infranto la legge e la legge è uguale per tutti», ha replicato Zelens’kyj, mentre il portavoce della sua campagna, Dmitry Razumkov, ha documentato il tutto su Facebook commentando: «Nuovo presidente, nuove regole. Tutti devono rispettare la legge».
Il Servitore del popolo Zelens’kyj
Volodymyr Zelens’kyj è noto per aver già “fatto il presidente”, perlomeno in una popolarissima serie tv ucraina, Servo del popolo, sbarcata di recente anche su Netflix. Interpreta un professore di Storia eletto a sorpresa presidente dopo che una sua invettiva contro la corruzione al governo viene ripresa di nascosto dagli studenti e diventa virale. Dopo aver creato un partito col nome della serie tv, in ucraino Sluga Narodu, ha annunciato la sua candidatura a Capodanno. Volto nuovo della politica, ha condotto una campagna elettorale atipica: non ha tenuto comizi, ma spettacoli insieme allo studio teatrale Kvartal 95 o dirette video sui social. E, dopo i ripetuti inviti di Porošenko, ha accettato di partecipare a un dibattito a due giorni dal voto, ma nella cornice dello Stadio olimpico di Kiev. I detrattori lo accusano di non avere esperienza né un programma definito e di essere legato all’oligarca in esilio Ihor Kolomoyskyi, proprietario della tv 1+1 dove va in onda la sua serie tv. Ieri notte un avvocato ha provato a far escludere la sua candidatura, ma all’una di notte una corte d’appello ha respinto la sua richiesta.
Il “re del cioccolato” Porošenko
Il presidente uscente 53enne Porošenko, a capo del partito Solidarietà, deve la sua fortuna a una fabbrica di dolciumi: da qui il soprannome “re del cioccolato”. È stato eletto dopo la cosiddetta “Rivoluzione della dignità”, o “Euromajdan”, la sollevazione iniziata dopo la revoca degli accordi di associazione con l’Unione Europea che nel 2014 aveva costretto alla fuga l’allora presidente Viktor Janukovyč. I manifestanti chiedevano la lotta alla corruzione, una magistratura indipendente, la tutela dei diritti umani. Cinque anni dopo molte richieste sono ancora disattese, il Paese è impantanato nella crisi economica e la guerra nel Donbass con i separatisti filorussi è ancora aperta. Per far dimenticare le promesse deluse, Porošenko ha puntato la sua campagna sullo scontro con la Russia: dalla proclamazione della legge marziale dopo l’incidente nel Mar di Azov all’indipendenza della Chiesa ortodossa ucraina da quella moscovita.