di Mattia Bernardo Bagnoli (ansa.it, 18 marzo 2020)
Eduard Limonov non c’è più. Molti stapperanno bottiglie, altri pure – ma per le ragioni opposte. Poeta, scrittore, dissidente, politico (ma soprattutto bastian contrario), Limonov è scomparso a 77 anni (pare) in una clinica privata (forse) dopo una lunga battaglia “oncologica”. Ma poiché Limonov è Limonov, al momento non si sa di più e le cause della sua dipartita di preciso non si conoscono.
Si sa che lo scorso 13 marzo aveva annunciato di aver firmato un contratto per un libro “già scritto”, l’ultimo colpo di teatro di un uomo vissuto senza farsi sconti. Limonov, naturalmente, è stato reso celebre fuori dalla Russia dal fortunatissimo omonimo libro di Emmanuel Carrère, forse primo caso al mondo di autore più celebre come personaggio che come scrittore. In realtà in patria Limonov era conosciuto da tutti. Per i suoi libri, certo, e pure per le sue incursioni nel reame della politica. Sintetizzare i suoi 77 anni in scena è quasi impossibile. Ci sono gli anni sovietici, l’ascesa dal nulla al glamour a colpi di parole, l’esilio americano, il periodo francese, il rientro dopo il crollo dell’Unione Sovietica, gli anni folli della politica “riformista”, combattuta dalle colonne del suo giornale Limonka (bomba a mano, in russo) e dalle fila del suo partito, i Nazional-Bolscevichi (alias Naz-Bol). Una militanza – condivisa con Aleksandr Dugin, il filosofo ultranazionalista spesso descritto come l’ideologo di Putin – che nel 2001 gli è costata la galera, per attività sovversiva e anticostituzionale.
Limonov in principio ha infatti criticato Putin duramente – “ci ha rubato il programma”, diceva – ma poi, dopo l’annessione della Crimea nel 2014, lo ha in qualche modo riabilitato, benché sorpassandolo subito a Destra. La sua posizione sulla questione ucraina era a dir poco integralista – “è un Paese di fantasia e finirà smembrato” – e, se fosse stato per lui, avrebbe inviato i tank russi in mezza Europa. “Vorrei morire in battaglia”, raccontava. In realtà si è spento in un letto di un (grande?) ospedale. Ma la lotta politica – e la scrittura – non sono mai state troppo lontane dal suo baricentro, dato che aveva fondato un nuovo partito (l’Altra Russia) e recentemente aveva aderito alle manifestazioni di protesta contro la riforma costituzionale ideata da Putin per assicurargli il comando perpetuo.
Nell’ultimo periodo si era rimesso in viaggio, ospite nel 2018 del Salone di Torino (prima trasferta all’estero dopo essere rientrato in Russia negli anni Novanta), per presentare il romanzo autobiografico Zona Industriale. “Carrère? Ci saremo visti tre volte”. Come dire: ha montato la panna. “Ma per me è stato fondamentale, mi ha fatto conoscere”. Realista, iconoclasta, pazzo come solo un russo pazzo può essere. Limonov ci mancherà.