di Antonio Gurrado (ilfoglio.it, 28 luglio 2020)
Sondaggi oziosi, che circolano d’estate come i test psicologici sotto gli ombrelloni, rivelano che il 15% degli italiani sarebbe disposto a votare per un partito monarchico. Di per sé poco rilevante – si trova sempre un 15% di italiani disposto a votare per chiunque, perfino per Giuseppe Conte –, il dato potrebbe, tuttavia, apparire incoraggiante per il nuovo movimento politico lanciato da Emanuele Filiberto nell’infuriare della pandemia, Realtà Italia.Eppure il sondaggio non deve ingannare, così come non deve ingannare il giochino di parole del nome, che fa leva sull’inettitudine lessicale di italiani poco capaci di distinguere la realtà dalla regalità. Se Emanuele Filiberto potrà infatti mai candidarsi come guida di un partito politico, potrà farlo perché nel 2002 il Parlamento della Repubblica ha eliminato l’impedimento per tutti i discendenti maschi di Casa Savoia a esercitare l’elettorato attivo e passivo. E se questo impedimento è stato eliminato è perché, nello stesso frangente, il Parlamento ha votato un emendamento alla Costituzione della Repubblica per consentire il rientro dei discendenti maschi di Casa Savoia su suolo italiano. E se il loro rientro è stato consentito è perché, quando ancora l’emendamento stava venendo faticosamente discusso, Vittorio Emanuele ed Emanuele Filiberto hanno sottoscritto da Ginevra, una delle città più repubblicane della storia d’Europa, una missiva spontanea in cui rendevano formale assicurazione circa la propria fedeltà alla Repubblica italiana, alla Costituzione della Repubblica e al Presidente della Repubblica, a priori, senza che nessuno gliel’avesse ancora chiesto.
Quindi, se un 15% di italiani spera di votare un partito monarchico affidandosi a Realtà Italia, forse farebbe meglio prima a considerare che o non vale molto la fedeltà dei Savoia alla Repubblica o non vale molto la fedeltà dei Savoia alla Corona; e poi a cercarsi un re meno repubblicano.