(huffingtonpost.it, 6 ottobre 2020)
«I gesti, la postura, le braccia alzate in segno di saluto. I bellissimi sfondi, le bandiere appese agli antichi palazzi in pietra a Roma, Palermo, Verona, Milano». E poi l’uso del balcone come palcoscenico prediletto per le inquadrature, il podio perfetto da cui esibire una «unità di pensiero e azione» che è «l’idea fondamentale alla base della dittatura». Sono questi – secondo The Atlantic – i punti di contatto tra la consapevolezza comunicativa di Benito Mussolini e quella di Donald Trump, all’indomani del discorso della vittoria sul Coronavirus. Punti di contatto che – per il sito della nota rivista americana – giustificano il titolo del commento: dopo il Duce, «Il Donald».
Scrive l’autrice dell’articolo, Anne Applebaum:
«A molte persone piace guardare le immagini che evocano l’“unità di pensiero e azione”. A molte persone piacciono le esibizioni di sfarzo, forza militare e potere. Il fascino di queste cose non è scomparso né si è spento. Un presidente americano, affetto da una malattia infettiva, che respira affannosamente, coperto di un trucco da pancake arancione, parla da un balcone sullo sfondo della nostra elegante Casa Bianca e del nostro bellissimo Monumento a Washington: questa è una scena che sembra assurda, grottesca e persino spaventosa a molti. Ma non a tutti. “Ho condotto”, ha detto il presidente, subito dopo aver bruscamente rimosso la mascherina, dimostrando ai suoi seguaci che non ha paura. Ovviamente lo spettacolo è stato inscenato. Ovviamente è cinico. E ovviamente è pericoloso dire agli americani di comportarsi come se un virus fosse un avversario in una partita di wrestling: “Non lasciare che ti domini; non averne paura. Lo batterai”, specialmente dopo che la tua negligenza criminale ha portato all’infezione dei tuoi colleghi più stretti, dei tuoi alleati del Senato, delle tue guardie del corpo, di tua moglie. Ma quelle immagini messe in scena sono ciò che molte persone vogliono vedere, e quella falsa rassicurazione è ciò che molte persone vogliono sentire. Non sottovalutare il loro potere».