di Adalgisa Marrocco (huffingtonpost.it, 9 maggio 2024)
Don Winslow è tornato, Don Winslow sta andando via. Città in rovine, pubblicato da Harper Collins, è l’ultimo capitolo di una trilogia che ha stregato milioni di lettori, ma è anche l’inizio di un addio. Lo scrittore americano, con trent’anni di carriera e venticinque bestseller alle spalle, ha scelto di abbandonare la letteratura, in parte per investire più tempo nell’attivismo politico alla vigilia delle presidenziali Usa. La sua intervista a Huffpost.
Perché Città in rovine è il romanzo giusto con cui chiudere la carriera e perché è arrivato il momento di dire basta alla scrittura?
«Mi ci sono voluti quasi trent’anni per scrivere la trilogia di cui questo è il volume finale. Quando stavo terminando il libro mi sembrava di avere davanti il lavoro di tutta una vita, il finale giusto. Inoltre, sentivo che ciò che sta accadendo nel mio Paese – la minaccia alla democrazia da parte di un traditore e aspirante dittatore – richiedeva maggiore attenzione di quanta avrei potuto dedicare continuando a fare romanzi. Non voglio scrivere l’epitaffio sulla democrazia americana».
Quanto le mancherà fare letteratura?
«Al momento, è difficile dirlo perché è passato poco tempo. È strano alzarsi al mattino e non pensare di dover produrre dieci pagine o chiedermi quale sarà il prossimo capitolo che scriverò. Dopotutto, sono stato in sella per molto tempo, e queste sono routine difficili da abbandonare. Ma scriverò sempre, semplicemente non pubblicherò più romanzi».
Non era possibile battersi politicamente attraverso i libri?
«Non lo era, per via del fattore tempo. Ci vorrebbero almeno due anni per scrivere un buon romanzo. Un altro anno sarebbe richiesto dal processo di pubblicazione. A quel punto, la guerra che voglio combattere sarebbe già finita. Di nuovo, non voglio comporre l’epitaffio sulla democrazia americana».
“A volte devi diventare ciò che odi per proteggere ciò che ami”, scrive nel suo ultimo libro. La vita è spesso compromesso?
«La vita è forse fatta di altro? A me sembra sempre un compromesso tra l’ideale e il fattibile, tra la perfezione e il possibile. Troppo spesso ci troviamo a sacrificare il secondo a vantaggio del primo, soprattutto in campo politico. La frase che lei cita esemplifica un dilemma antico quanto l’umanità stessa, sia nella finzione sia nella realtà. Ci troviamo a dover sacrificare alcuni valori in favore di altri, a diventare assassini per difenderci dagli assassini, a commettere cose barbare per contrastare la barbarie. In breve, finiamo per diventare simili al nemico che cerchiamo di combattere».
Qual è il prezzo che deve pagare uno scrittore politicamente attivo?
«Probabilmente perderai alcuni lettori (ma ne guadagnerai di nuovi), riceverai tanti messaggi d’odio, molti commenti del tipo “stai zitto e scrivi” e alcune minacce. Ma chi se ne importa? Il prezzo non conta. E, in realtà, la maggior parte delle risposte che ho ottenuto è stata estremamente positiva».
Questo è l’anno delle presidenziali Usa. Quando alle scorse elezioni venne eletto Joe Biden, lei dichiarò: “Ora abbiamo degli adulti e dei professionisti al comando, che non pensano solo a loro stessi”. Confida in un secondo mandato? È ancora Biden l’uomo giusto?
«Sono ottimista, ma dobbiamo considerare Donald Trump come una seria minaccia. Sarà una gara serrata. Sì, Biden è l’uomo giusto. E, per favore, possiamo ricordare a noi stessi che l’ultima volta ha vinto? Possiamo ricordarci che ha sconfitto quel pezzo di merda?».
Cosa farà nel caso in cui vincesse Trump?
«Continuerò a combattere, nient’altro».
Secondo le ultime stime dell’American Library Association (Ala), l’anno scorso i libri censurati negli Usa sono aumentati del 65% rispetto al 2022. Si parla di ben 4.240 libri censurati nel 2023, un dato che supera di gran lunga la somma di quelli messi al bando nei due anni precedenti: 2.571 nel 2022 e 1.651 nel 2021. È un fenomeno che la preoccupa?
«Sì, mi preoccupa. Non è forse questo il modo in cui comincia il fascismo? Tentando di controllare le informazioni e le idee della gente? Mia madre era bibliotecaria, senza biblioteche da bambino non avrei avuto accesso ai libri e certamente oggi non sarei uno scrittore. Quindi la prendo come una questione personale. A proposito, ho una soluzione infallibile per le persone che hanno da ridire su un determinato libro: non leggerlo. Funziona sempre».
Viviamo un momento storico in cui la scrittura è in evoluzione, per via di innovazioni come l’Intelligenza Artificiale. Le macchine rischiano di sostituire l’uomo anche nel campo della letteratura?
«No, perché le macchine non hanno anima. E la grande arte ha bisogno di grandi anime».