di Laura Cesaretti (ilgiornale.it, 29 settembre 2020)
Un tempo c’era Ernest Hemingway. Oggi c’è Dibba, e basterebbe questa malinconica parabola a dare idea della decadenza di una nobile e antica professione. Ma c’è di più: oltre che reporter d’oltremare, l’ex deputato grillino Alessandro Di Battista si fa anche docente di giornalismo e sale in cattedra per spiegare a giovani di belle speranze le «linee guida per la realizzazione di un reportage dall’estero». Alla modica cifra di 185 euro, e senza spostarsi dal divano di casa perché la lectio magistralis sarà online.L’ideona didattica è venuta a quelli di Tpi, sito di informazione «senza giri di parole» (qualunque cosa ciò voglia dire) diretto da Giulio Gambino (figlio di Antonio, cofondatore dell’Espresso) e da Stefano Mentana (figlio di Enrico, direttore del Tg di La7), e animato nel tempo da firme come Davide Lerner (figlio di Gad) o Sofia Bettiza (figlia di Enzo). Il sito sta lanciando questo suo “workshop” sul giornalismo online, che si svolgerà a inizio ottobre, per dare agli aspiranti Montanelli in erba «l’opportunità di imparare dalle nostre più importanti firme», previo sganciamento di 185 euro, i segreti del mestiere. E tra queste «importanti firme» c’è per l’appunto – da un paio di mesi – anche l’egregio Dibba, che ultimamente non se la passa benissimo. Il suo tentativo di prendersi le redini del declinante M5S, come gli aveva promesso Davide Casaleggio (figlio di Gianroberto), non pare decollare.
La legislatura, tanto più dopo l’improvvido taglio del numero di parlamentari, è destinata a durare fino al suo termine naturale, e se possibile oltre, quindi il miraggio della rielezione a deputato si allontana. E i committenti dei “reportage” di Di Battista dai Caraibi, dalla West Coast o dalla Persia sembrano defilarsi: Sky, dopo la trasmissione del lunghissimo filmino delle vacanze della famiglia Dibba, intitolato L’altro mondo, non pare interessatissima a nuove produzioni. Quanto al Fatto Quotidiano, primo organo di stampa mondiale a lanciare l’Hemingway di Roma Nord, con Marco Travaglio che sfidava la redazione imbizzarrita per difendere la prestigiosa firma e mantenere segreti i suoi compensi, è finita a schifio, causa contrasti politici sulle regionali pugliesi. Nel suo editoriale pre-voto il medesimo Travaglio (che ormai ha trasferito i suoi affetti dall’aspirante Corto Maltese de noantri al più azzimato Giuseppe Conte) ha praticamente scomunicato la sua ex firma, prendendolo a pesci in faccia per la sua imperdonabile fronda contro lo statista di Volturara Appula.
Certo sul canale tv travagliesco si può ancora trovare il filmino pro-Iran intitolato Sentieri persiani, frutto dell’ultima vacanza-studio dibbiana. Ma in futuro ci sarà ancora spazio per il suo giornalismo d’assalto e controcorrente, capace di spiegare coraggiosamente (in ben tre puntate) che «l’Islam non è un monolite ma si divide tra sunniti e sciiti» e che «l’Iran è un grande Paese abitato da grandi popoli», inclusi i turcomanni? Intanto, la nomade firma è ospitata da Tpi, dove da agosto ad oggi ha lasciato tre pregevoli scampoli di prosa: uno per spiegare che la guerra in Afghanistan è fallita, uno (chilometrico) per inveire contro Mario Draghi, «apostolo delle élite», e l’ultimo – datato 16 settembre e incongruamente rubricato «reportage» – per fare un appello al “Sì” nel referendum. Se pagate 185 euro potrete farvelo spiegare di persona.