Il conduttore possibile candidato del centrodestra: «Me lo hanno chiesto ma resto in tv. Anche chi non mi stimava si è convertito e ha pensato di schierarmi»
di Elisabetta Soglio (corriere.it, 22 agosto 2015)
«Non mi candiderò a fare il sindaco di Milano». Paolo Del Debbio chiude definitivamente la partita, «perché preferisco Cologno a Palazzo Marino». Meglio insomma gli studi dove, i prossimi 7 e 8 settembre, ripartono le sue seguite trasmissioni.Anche perché, come qualcuno ha malignato, lì pagano meglio?
«Se qualcuno è abituato a ragionare in termini di soldi, è un problema suo. Nel ’94 avrei potuto fare il parlamentare e il ministro e, se la mia bussola fosse quella del denaro, mi sarei sistemato allora. Ma, a parte la parentesi da assessore con Gabriele Albertini, la politica attiva non mi interessava e non mi interessa».
Neppure l’avventura da primo cittadino?
«A me piace molto il mio lavoro, ci siamo inventati una formula che abbiamo tirato su con fatica e funziona. Credo di dare anche un minimo contributo dal punto di vista sociale facendo parlare la gente, quella che non sta sui social, per capirci».
Ce l’ha coi social?
«Dico solo che se vai al Giambellino, o in qualsiasi altro quartiere popolare, e chiedi cosa pensano dell’ultimo tweet di Renzi che ha polemizzato con Fassina, ti prendono a calci. I politici e il mondo dell’informazione hanno completamente perso il contatto con la realtà».
“Populista e me ne vanto”, insomma, come titola il suo ultimo libro?
«Cerco di capire quali siano le questioni che interessano alla gente e non mi importa avere mille o diecimila follower. Anche fossero dieci milioni in Italia quelli che usano i social: ecco, io scelgo di parlare agli altri 50 milioni».
Torniamo a Palazzo Marino. Lei no: chi allora?
«Io vedo solo due nomi che potrebbero vincere per il centrodestra: Silvio Berlusconi e Gabriele Albertini».
Ancora?
«È l’operazione usato sicuro. Berlusconi continua ad avere un grande carisma e Albertini è stato l’ultimo vero sindaco di Milano: uno che ti mette al riparo dal tema della corruzione, che ha a cuore la città e non i propri interessi, che si occupa dei problemi reali».
Devono essere queste le caratteristiche del prossimo sindaco?
«Guardi, basterebbe fare ai potenziali candidati, ai nomi che girano e gireranno, il test della bava. Se uno ha troppa bava alla bocca non farà l’interesse dei cittadini e quindi è meglio scartarlo».
E la società civile? Passera e De Albertis?
«Ma vogliamo far rovesciare Hegel nella tomba? Bravissime persone, ma la società civile è quella della vita di tutti i giorni, che loro osservano dai salotti e dai Palazzi. Uomini di potere, altro che società civile».
E a sinistra, come la vede?
«Vedo che Renzi ha paura di Milano, perché sa che qui deve vincere. Roma ormai è una cloaca e infatti là manda Orfini: qui invece è una cosa seria e deciderà lui. Sta facendo passare Expo come un grande successo internazionale, e su Expo i conti li faremo alla fine. Poi porterà il G7 e deciderà anche il candidato sindaco».
Quanto l’hanno pressata per accettare di candidarsi?
«Non pressioni fastidiose. Me l’hanno chiesto in tanti e mi ha anche fatto piacere: penso, tra le altre, alle ultime dichiarazioni di Santanchè, Brunetta, Salvini. E poi sono intervenuti anche alcuni che non mi stimano e non condividono il mio modo di fare tivù: ma si sono convertiti pensando di poter sfruttare la mia popolarità televisiva per vincere a Milano».
Ne ha parlato a Berlusconi?
«Mai sentito. Nei suoi confronti uso l’atteggiamento che insegnò Leonardo da Vinci con la farfalla e la candela. Mi sono avvicinato ma credo di avere saputo tenere in modo sapiente le distanze. Non come quelli che sono andati troppo vicini alla sua luce, credendo magari di guidarlo o di diventare luce loro stessi. Di questi non è rimasta neppure la cenere».
Il suo giudizio su Pisapia?
«Mi pare un uomo con tratti elegantissimi e mi piaceva quando faceva le battaglie sulla giustizia. Come sindaco dico quello che dicono tutti: è una brava persona, di sicuro non è uno che ruba. Ma sull’operato, ecco: o mi è sfuggito, o non me ne sono accorto o non so».
Un’ultima curiosità: il Patto del Twiga di cui si è favoleggiato?
«Ma scusi: uno può andare a mangiare dove vuole e con chi vuole? Poi, certo, se sei a tavola con persone come Salvini, Santanchè e Sallusti, mica parli della tempura o degli studi sulla cupola del Brunelleschi. Abbiamo chiacchierato anche di politica. Ma lo sanno: io non mi candido».