di Francesco Cundari (linkiesta.it, 11 giugno 2021)
In principio fu Carofiglio, inteso come Gianrico, magistrato e scrittore di successo, opinionista televisivo, commentatore e convegnista brillante e ricercato, non per niente scelto come testimonial per il vaccino italiano, Reithera, e in quanto tale immortalato seminudo – in senso quasi letterale: con una camicia infilata a un braccio solo, a coprirgli esattamente metà del corpo – nel momento decisivo dell’inoculazione. Va detto che lui il testimonial doveva fare, e dunque, se in tal modo l’immagine ha colpito di più l’attenzione e ha avuto maggiore circolazione, se ne può concludere solamente che ha svolto egregiamente il suo compito.
Non ci sarebbe dunque motivo di tornarci, se ieri la sua scelta non fosse stata in qualche modo emulata e superata da Stefano Bonaccini – presidente dell’Emilia-Romagna, ma soprattutto leader della corrente instagrammista-leninista del Pd – con una foto tagliata poco sotto le spalle, e almeno fin lì, senz’altro indosso salvo la mascherina e gli immancabili occhiali a goccia (il cambio degli occhiali è stato il perno su cui anni fa ha ruotato la svolta radicale dell’immagine bonacciniana, trasformando una sorta di ragionier Filini engagé in una versione hipster di Mario Brega). Foto che è stato ovviamente Bonaccini stesso a diffondere sui suoi profili social, suscitando i commenti prevedibili (il mio preferito: «Presidente, serve una ceretta pre Riviera Romagnola»).
È evidente che negli ultimi anni molte cose sono cambiate. Un tempo l’immagine dell’intellettuale o del politico di sinistra seguiva ben altri schemi: maglioni a collo alto, giacche di velluto a coste, ma soprattutto aria da dolente erudito, refrattario a mostrarsi, altero e disdegnoso dinanzi a fotografi e telecamere. Cosa è successo, all’improvviso? Cosa lo ha trasformato nell’attuale Narciprogressista? È colpa di Silvio Berlusconi, del suo esempio come politico e della sua più ampia influenza come imprenditore televisivo? (Ma non è un po’ tardi per questo?). O invece del suo venir meno nel ruolo di principale antagonista e incarnazione di ogni male la sinistra possa concepire? (Ma non è un po’ presto per questo?). Sarei tentato di attribuire tutto alla caduta del muro di Berlino, e al contestuale collasso di tanti punti fermi ideologici e freni inibitori. Ma ancora nel 2013 – otto anni fa, mica ottanta – quando Matteo Renzi si presentava da Maria De Filippi con un chiodo alla Fonzie, a sinistra si levarono voci inorridite.
Da quand’è esattamente che sono diventati tutti degli aspiranti influencer, e il loro modo di presentarsi e raccontarsi, un tempo così austero – ve li ricordate? Erano quelli che la sera sostenevano di non guardare la televisione, perché preferivano un buon libro –, è diventato indistinguibile da quello di un qualunque concorrente del Grande Fratello? O forse lo sono sempre stati, e avevano solo bisogno di una buona causa per cui spogliarsi, dopo essersi fotografati con i post-it di Repubblica in nome del diritto a sputtanare il prossimo sui giornali, o con i cuscini sotto il maglione in solidarietà con le donne incinte, o con qualunque altra nobile missione timbrata sulla mano, in fronte, sulla clavicola. E poi ci sono quelli che non cambiano mai. Quelli come Tomaso Montanari, intellettuale di sinistra radicale, critico d’arte e opinionista di fama, che ha ritwittato la foto di Bonaccini con il seguente commento: «C’è poco da fare: le immagini dicono la verità. In questo caso sull’inestirpabile radice ducesca dell’immaginario dei capi maschi italici». E se solo lo avessi visto prima, sinceramente, mi sarei risparmiato l’articolo. A conferma di un’antica legge della politica italiana: di qualunque cosa tu voglia fare la parodia, fai prima a fare la cronaca.
È anche vero che il fenomeno è assai più vasto di quanto credessi fino a poco tempo fa, chiuso com’ero nel mio provincialismo. In tutto l’Occidente, l’immagine del politico descamisado e vacinado, ad esempio, è già una tendenza affermata: dal primo ministro greco Kyriakos Mītsotakīs (una delle foto più audaci, con l’ampio e villoso torace in bella mostra) al ministro della Sanità francese Olivier Véran (una delle più surreali, con lui che tiene un braccio fuori dalla camicia ma al tempo stesso con l’altra mano se ne tira su un lembo, come in un improvviso moto di pudore). Per non parlare dell’immancabile Justin Trudeau, il primo ministro canadese, che oltre a essere il più glamour si segnala anche per essere l’unico ad avere avuto l’idea d’indossare una maglietta a maniche corte, e dunque a rigore andrebbe tolto dall’elenco dei politici denudati (ma mi sembra importante tenere una testimonianza di come, volendo, si possa fare).