di Mattia Giusto Zanon (ilfoglio.it, 3 gennaio 2022)
Da quando nel 1999 Neo, messo di fronte alla scelta tra pillola rossa e pillola blu, scelse la prima, qualcosa è cambiato, nel cinema e nel mondo. Un punto fermo nella galassia della cultura pop. Un prima e un dopo. Colpa degli ingredienti di quel film, Matrix: una miscela unica di fantascienza cyberpunk, thriller ma anche drammi esistenziali strabilianti e profondi. La narrazione ambiziosa è stata eguagliata da immagini lussureggianti, che hanno immediatamente edificato un immaginario preciso: linee verdi gocciolanti di codice informatico, uno scenario post-apocalittico di umani-batteria racchiusi in capsule e protagonisti androgini che sfoggiano guardaroba virtuali con sfumature sadomaso mentre sfidano le leggi della Fisica per schivare i proiettili.
Matrix Resurrections – uscito in questi giorni nei cinema italiani – è solo il quarto capitolo di un franchise incredibilmente influente. Un appuntamento che arriva a una distanza abissale rispetto agli altri, se si considera che l’ultimo episodio era del 2003. Ma che lo si ami o lo si odi non si può negare che, come uno dei minacciosi polpi meccanici del film, la creazione delle sorelle Wachowski ha messo i suoi tentacoli in quasi ogni aspetto della cultura pop. Ha lanciato discussioni infinite, meme e citazioni, sia nel cinema sia nella moda, che persistono più di vent’anni dopo. Di recente Kim Kardashian ha sfoggiato un outfit alla Matrix per una gita fuori porta, ma già dopo l’uscita del primo film l’immaginario stimolava le tendenze della moda per le strade e le passerelle, inclusa la collezione Christian Dior del 1999, che Vogue definì “fortemente influenzata” proprio dall’uscita del film: tutto un turbinio di ampi trench e pelle nera. Nel 2017 quello stile indelebile è risorto nuovamente sulle passerelle con i cappotti lunghi e i look in pelle attillati di Balenciaga, Vetements, Balmain e Alexander McQueen, per continuare l’anno successivo con le collezioni di Alexander Wang e Off-White.
Il successo della serie di film ha aumentato il profilo dei suoi registi, i fratelli Wachowski, ora sorelle Wachowski, che hanno dichiarato nel corso degli anni di voler intraprendere la transizione di genere, un elemento che nelle loro dichiarazioni c’entrava anche con quel film. Nel 2020 Lilly Wachowski ha dichiarato che Matrix era una metafora del fare coming out come transgender, svelando che la stessa pillola rossa era molto simile a un noto supplemento ormonale utilizzato proprio nella fase di transizione. Come per il meta-teatro, anche qui è tutto meta-spettacolo, un gioco di rimandi e citazioni. E infatti c’è una scena nel nuovo Matrix Resurrections in cui gli stagisti che lavorano al nuovo videogioco Matrix (sì, perché Keanu Reeves è uno sviluppatore di videogiochi in questo nuovo assurdo capitolo) discutono tra loro: “Matrix riguardava la trans-politica!”. “Ma no, ti dico che invece parlava di cripto-fascismo!”.
E in effetti c’è anche chi in quella stessa pillola ci ha visto un significato diverso, tanto da coniare un termine: “red-pilling”, letteralmente “redpillare”, verbo diventato sinonimo di risvegliarsi dal torpore della realtà che ci circonda, da quello “che ci vogliono far credere”, ed è stato cooptato dai circoli alt-right e dai complottisti americani per descrivere il processo di “realizzazione” dell’erroneità dei concetti progressisti. Nel bel mezzo del 2020, Elon Musk a un certo punto ha twittato: “prendi la pillola rossa”, così, senza ulteriori spiegazioni, al che Ivanka Trump, la figlia dell’ex presidente degli Stati Uniti, gli ha risposto: “Presa!”, ed è stato solo allora che abbiamo avuto una dimostrazione abbastanza plastica di cosa ne pensasse invece Lilly Wachowski riguardo a questa stessa teoria.