Corea del Nord: chi ride è fuori

di Stefano Baldolini (huffingtonpost.it, 21 dicembre 2021)

Nella Corea del Nord di Kim Jong-Un è vietato ridere per undici giorni. In realtà per celebrare il decimo anniversario della morte del capo supremo è anche vietato celebrare compleanni, bere alcol e perfino parlare a voce alta in pubblico. Pare che tutto questo non sia una novità, anzi che accada ogni anno di questi tempi. Riporta l’Ansa che “in passato molte persone sorprese a bere o a fumare durante il periodo del lutto – come ha raccontato un residente della provincia sud-occidentale di South Hwanghae – sono state arrestate e trattate come prigionieri politici”.

Ph. Kim Won Jin / Getty Images

Tra i reati contestabili, quello di “guastare l’atmosfera del lutto collettivo”. Colpisce la cosa del ridere, però. Un po’ perché ricorda in chiave drammatica LOL, il game show di un certo successo che in uno dei recenti italici lockdown vide dieci comici impegnati a far fuori gli altri a suon di battute e gag, fino allo sfinimento. Format giapponese, ma c’entra poco. Semmai il tutto ricorda un altro sistema chiuso come l’abbazia del Nome della rosa di Umberto Eco, dove la pratica era considerata “una smorfia che deforma il viso e lo rende simile ad una scimmia”. A demonizzare il riso era il più vecchio dei monaci, Jorge da Burgos. Cieco ma con occhi sempre aperti su chi violava il precetto, un po’ come un regime nord-coreano. Dove il problema però non sono gli undici giorni di divieto, ma il dodicesimo.

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