di Christian Rocca (linkiesta.it, 12 giugno 2020)
A quotidiani pressoché unificati, il premier Giuseppe Conte ha annunciato che ha «un Piano» per la rinascita dell’Italia, chiamiamolo il “Piano Sòla”. Lo presenterà al Paese dopo otto giorni di Stati Generali, quindi in realtà non ce l’ha ancora, perché se ce l’avesse già non avrebbe bisogno del red carpet di Villa Pamphili con la sfilata di «ospiti di eccezione», come nelle seratone di Sanremo. Discutere, ascoltare, coinvolgere gli esperti e ampliare l’orizzonte è sempre una cosa buona e utile, specie per un governo modesto come il nostro.
Ma è esattamente questo il motivo per cui, nei mesi scorsi, il governo Conte ha formato le task force e il comitato tecnico-scientifico. Non bastavano quelle sfilate di esperti e le relative sequenze di slide? A che cosa serviranno gli Stati Generali, a parte solleticare la vanità degli organizzatori, lo vedremo più avanti. Conte dice che «il Paese non ci consente di fare kermesse di sorta» e che non ci saranno passerelle, giornalisti e dirette streaming. Vedremo.
Crediamo, come ha scritto Mario Lavia, che il governo avrebbe fatto meglio a prendere i progetti della task force di Colao, delle altre commissioni di esperti e magari quelle dell’organo costituzionalmente preposto a fornire soluzioni di governo (si chiama Consiglio dei Ministri) e poi a sottoporle al dibattito parlamentare. Le Camere non saranno un’istituzione raffinata come la Piattaforma Rousseau o i reality di Rocco Casalino, ma fino a prova contraria sono l’organo di rappresentanza del popolo sovrano e l’evoluzione democratica delle assemblee feudali che, appunto, si chiamavano Stati Generali.