di Valerio Moggia (linkiesta.it, 16 settembre 2022)
Pochi si sono sorpresi davanti ai disordini scatenati dai tifosi della Dinamo Zagabria, in trasferta mercoledì a Milano per la Champions League: ovunque vadano succede qualcosa del genere. Milano li aveva già conosciuti nel novembre del 2019, quando erano venuti a sfidare l’Atalanta in Champions. Il copione è sempre lo stesso: maglie nere, aggressioni e saluti nazisti. Sono questi i tratti distintivi dei Bad Blue Boys (Bbb), il gruppo ultras formatosi a Zagabria nel 1986 e divenuto abbastanza celebre per i disordini del Maksimir del 13 maggio 1990, la partita che secondo il (falso) mito diede avvio alla guerra nei Balcani. Già all’epoca i Bbb erano un gruppo di tifosi d’ideologia nazionalista nostalgici degli ustascia, ritenuti molto vicini al partito Hdz di Franjo Tudjman, da cui poi si sono progressivamente distaccati – un po’ perché Tudjman appoggiava i vertici del club, che intendevano cambiare nome alla Dinamo, e un po’ perché negli anni il partito è passato su posizioni più moderate.
La loro storia racconta, però, come i movimenti di estrema destra abbiano riconquistato spazio e legittimità politici in questi anni usando il calcio come trampolino di lancio. Il caso dell’Est Europa è piuttosto noto: quasi ogni angolo dell’Europa post-comunista ha visto fiorire, negli ultimi trent’anni, partiti e gruppi ultras di estrema destra con una rapidità tale che è difficile capire chi abbia influenzato chi. Paesi dove, fino a poco tempo fa, si parlava poco di problemi come il razzismo e l’omofobia negli stadi hanno rapidamente cambiato faccia. I più recenti casi che hanno conquistato la ribalta internazionale ci permettono di tratteggiare una mappa del tifo alt-right. Nel novembre del 2021, i tifosi del Legia Varsavia fischiavano il Napoli in Europa League, inginocchiatosi contro il razzismo; in Ungheria la Carpathian Brigade, il gruppo ultras della Nazionale, è nota per i suoi atteggiamenti apertamente neonazisti e ha prosperato in questi anni di governo di Viktor Orban, con i media magiari che spesso hanno parlato dei legami tra i tifosi e il partito Fidesz.
Non è estranea a certe dinamiche l’ex-Germania Est, da qualche tempo culla di movimenti neonazisti e zona del Paese in cui il partito di estrema destra AfD raccoglie i suoi maggiori consensi. Dalle regioni orientali provengono alcuni dei gruppi ultras più connotati a destra, come ad esempio quelli dell’Hansa Rostock, che a fine agosto hanno esposto striscioni omofobi in un match di campionato. L’Hansa è il club più tifato dell’ex-Germania Est e uno dei più seguiti dell’intero Paese, e Rostock è la città in cui nel 1992 si verificò una grande rivolta anti-migranti che è ricordata come uno dei segnali di ascesa dei gruppi neonazisti tedeschi.
Da dove sia sorta questa strategia dell’estrema destra – usare le curve degli stadi per riorganizzarsi, trovando spazi che nelle piazze non le venivano concessi – è difficile a dirsi. C’è chi pensa che tutto nasca, ancora una volta, nei Balcani: quando i Bbb diventavano l’avanguardia di Tudjman, Zeljiko Arkan Raznatovic era già una figura influente nella curva della Stella Rossa e intratteneva rapporti con Slobodan Milosevic. Ma ovviamente anche questa sarebbe una semplificazione, e trovare un padre della nuova strategia della destra nazionalista (oggi detta “populista”) europea è un’impresa ardua. In quello stesso periodo, il medesimo fenomeno andava sviluppandosi sicuramente nella curva dell’Hellas Verona con le Brigate Gialloblù, pesantemente infiltrate da gruppi neofascisti come Verona Front, Hellas Army e Gioventù Scaligera. In pochi anni, quella veronese divenne una delle tifoserie più aggressive e radicalmente schierate a destra in Italia.
Il caso simbolo di questa radicalizzazione è il fantoccio impiccato del calciatore nero Maickel Ferrier nel 1996: per quella storia furono indagati due importanti esponenti locali di Forza Nuova; della coppia faceva parte Yari Chiavenato, poi entrato nella Lega Nord. E proprio il partito nordista prendeva il potere in città nel 2007, dopo una lunga lista di sindaci moderati di centrodestra: pochi anni dopo, Verona era descritta come la città più di destra d’Italia. Nel 1999, Giorgio Triani scriveva su Caffè Europa che la Lega Nord era stata «il più puntuale e compiuto prodotto della calcistizzazione della società italiana, la traduzione partitica di un’ideologia che ha avuto ed ha i suoi luoghi deputati nelle curve degli stadi e attorno ai tavoli del bar sport», dimostrando una certa consapevolezza dell’esistenza di un fenomeno politico che, almeno in Italia, era germogliato tra gli ultras. E allora non deve stupire che proprio il nostro Paese sia sul punto di diventare la prima nazione democratica dell’Europa occidentale con un governo assolutamente di estrema destra: un successo elettorale che è stato anticipato da una maggiore presa di coraggio degli ultras neofascisti negli ultimi anni, dalla crescita esponenziale degli episodi di razzismo fino al più recente ritorno dell’antisemitismo, solo un paio di settimane fa.
Le cause di questo fenomeno possono essere individuate nella generale sottovalutazione del calcio da parte delle istituzioni politiche democratiche e moderate: la considerazione implicita dello stadio come porto franco, socialmente isolato dal resto del mondo, ha fornito all’estrema destra un terreno sicuro in cui proliferare quasi indisturbata, in una società che si credeva ormai post-ideologica e in cui i movimenti di sinistra hanno tendenzialmente sempre snobbato il calcio. Quando questi movimenti sono finalmente venuti allo scoperto, le istituzioni sono state colte di sorpresa e hanno faticato a maturare risposte efficaci. A quel punto, il passaggio dallo stadio all’arena politica è stato fin troppo facile. I due fattori si alimentano a vicenda: gli ultras hanno creato il terreno per il ritorno della destra radicale, e l’ascesa politica di quest’ultima legittima comportamenti sempre più vistosi da parte dei primi.
Questa tendenza rischia di espandersi ben oltre i confini delle tifoserie storicamente neofasciste. Il caso preoccupante è avvenuto in settimana, quando durante la sfida di Champions League tra Marsiglia e Eintracht Francoforte alcuni sostenitori tedeschi – normalmente tra i più di sinistra in Europa – sono stati ripresi mentre facevano dei saluti nazisti. Forse è un episodio isolato, ma non deve sfuggire che, dopo aver perso quasi un milione di voti alle elezioni del 2021, AfD sta silenziosamente riprendendosi: a giugno, i sondaggi di Politico lo davano al 10% dei consensi, mentre ora è risalito fino al 13%, solo sei punti percentuali in meno della Spd, in caduta libera.