(ilpost.it, 12 dicembre 2022)
Gautam Adani è la persona più ricca dell’India e dell’Asia e, secondo alcune delle classifiche più rispettate (quelle di Forbes e Bloomberg, per esempio), la terza più ricca del mondo dopo Elon Musk (che possiede Tesla, Space X, Twitter) e Bernard Arnault (che possiede il marchio del lusso Lvmh, quello tra gli altri di Louis Vuitton).
Adani, che ha 60 anni e una storia notevole, vuole accrescere ulteriormente la sua influenza: il suo ultimo obiettivo è stato l’acquisizione della rete televisiva New Delhi Television, una delle più importanti nel Paese e uno dei pochi media indiani riconosciuti come indipendenti e non controllati dal governo. Adani intende trasformarla in «una realtà internazionale, una specie di Al Jazeera indiana» (il riferimento è alla tv qatariota che ha consentito al Qatar di ottenere notevole influenza internazionale).
L’acquisizione di New Delhi Television sta però provocando molti timori, perché Adani è un uomo d’affari molto vicino al primo ministro Narendra Modi, tanto da essere definito dai critici “l’oligarca di Modi”, come gli oligarchi russi molto vicini al presidente Vladimir Putin. L’acquisizione, attraverso un’opa ostile (cioè un’offerta pubblica di acquisto con scalata azionaria, che non prevede un assenso del venditore), è stata quindi vissuta con preoccupazione da molti dei giornalisti della televisione e ha provocato le dimissioni di alcune persone che occupavano ruoli importanti nei vari canali. Inoltre, l’acquisizione rischia di ridurre ulteriormente lo spazio per il giornalismo indipendente in India.
Con un fatturato di circa 50 milioni di dollari all’anno, Ndtv non è certo un investimento pesante dal punto di vista economico per Adani, il cui gruppo ha una valutazione complessiva di 260 miliardi di dollari, ma può rappresentare un’acquisizione importante a livello d’immagine per l’uomo d’affari, decisamente meno noto all’estero rispetto agli altri super ricchi presenti nelle classifiche mondiali. Gautam Adani in India ha costituito un impero economico nel campo delle infrastrutture e dell’energia: possiede la seconda più grande impresa di costruzioni del Paese, 13 porti (fra cui il più grande del subcontinente indiano, quello di Mundra), alcune linee ferroviarie fra cui quella in costruzione fra Delhi e Mumbai, 8 aeroporti, 6 centrali a carbone in patria e due all’estero (Indonesia e Australia). Negli ultimi anni sta riconvertendo molti dei suoi investimenti nelle energie rinnovabili, settore in cui conta di guadagnare la leadership mondiale entro il 2030.
Adani è un’eccezione nel panorama dei grandi uomini d’affari indiani, spesso esponenti di dinastie familiari. È nato in una famiglia della classe media, mercanti tessili di religione giainista (un antico culto indiano che enfatizza le tendenze ascetiche), e ha 7 fratelli. Ha lasciato la scuola a 16 anni per trasferirsi a Mumbai e commerciare in diamanti, ma dopo un paio d’anni è tornato nel suo Stato natale, il Gujarat, che non a caso è anche quello dell’attuale primo ministro Modi. La prima impresa fu un’industria di imballaggi di plastica; poi, con una politica aggressiva e facendo ricorso a importanti prestiti, crebbe inizialmente nel settore dei porti: il salto di qualità arrivò verso la fine degli anni Novanta, quando vinse l’appalto per quello di Mundra.
Nei primi anni 2000 nacque anche il legame con Narendra Modi, che è stato governatore dello Stato del Gujarat per 13 anni prima di diventare Primo ministro indiano. Secondo molte indagini giornalistiche e indipendenti, il gruppo Adani avrebbe ricevuto negli anni trattamenti di favore da parte del governo di Modi, prima nello Stato, poi in India. Adani ha sempre smentito tali “favori”, sostenendo di essere solo allineato al progetto di sviluppo del Paese portato avanti dal governo, ma ha sempre avuto un facile accesso a prestiti anche ingenti: per molti anni il suo crescente impero economico si è basato su un forte indebitamento.
Quando Modi ha vinto le elezioni la prima volta, nel 2014, ha viaggiato dal Gujarat a Nuova Delhi sul jet privato di Adani, che a sua volta ha visto il suo patrimonio crescere del 230 per cento da quando il Primo ministro è in carica. Nel 2018 il governo indiano ha deciso la privatizzazione di 6 aeroporti, ampliando molto i criteri per partecipare ai bandi di gara e aprendo anche a imprese che non avessero esperienze nel campo: Adani si è aggiudicato la gestione di tutti.
In due occasioni la vita di Adani è stata fortemente in pericolo: nel 1998 fu rapito con un socio e tenuto in ostaggio per ottenere un riscatto a Ahmedabad. Dopo alcuni giorni fu liberato, ufficialmente senza alcun pagamento; 10 anni dopo, il 26 novembre 2008, stava cenando al ristorante del Taj Mahal Hotel a Mumbai quando un commando di 10 uomini provenienti dal Pakistan attaccò e occupò alcuni obiettivi nella città, compresi 2 hotel di lusso (Taj Mahal e Oberoi): alla fine delle 60 ore dell’attacco i morti sarebbero stati 166. Adani fu tenuto in ostaggio nella hall dell’albergo per una notte, ma ne uscì indenne.
Oggi l’Adani Green Energy è la principale compagnia protagonista della svolta verso le fonti di energia rinnovabili dell’India di Modi, che sta aumentando molto la sua produzione di energia attraverso i pannelli solari. Adani Green Energy punta ad arrivare a una capacità di 25 gigawatt entro il 2025 e ha visto le sue azioni crescere del 440 per cento in un anno, contribuendo alla scalata del suo proprietario nella classifica delle persone più ricche del mondo.
Il suo gruppo punta a un’espansione anche all’estero: ha vinto l’appalto per un porto in Sri Lanka, venderà energia in Bangladesh e ha previsto investimenti in Israele e in Africa Orientale. In Australia l’apertura di una miniera di carbone ha provocato molte e prolungate proteste. Nei piani di Adani la televisione Ndtv dovrebbe diventare uno strumento di influenza anche a livello internazionale, mentre le rassicurazioni sul suo concetto di indipendenza dei media non risultano troppo convincenti: «Essere indipendenti vuol dire denunciare se il governo fa qualcosa che non va bene, ma quando invece fa tutto bene, bisogna dirlo allo stesso modo», sostiene Adani.