di Teresa Marchesi (huffingtonpost.it, 17 gennaio 2021)
Il bilancio del devastante epilogo dell’amministrazione Trump è già in un film. Questo film è Antebellum, reperibile sulla piattaforma Amazon Prime Video. In tempi ante-Covid Scappa – Get Out, se qualcuno lo ricorda, fu il “caso” di passaparola del 2017, un horror socio-politico che scalò le classifiche fino a conquistare l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale. Era un’opera prima, esordio alla sceneggiatura e alla regia di Jordan Peele. Anche Gerard Bush e Christopher Renz sono, con Antebellum, registi alla loro opera prima, prodotti dalla QC Entertainment di BlacKkKlansman. L’idea, però, su cui si sviluppa il film – come Get Out a basso costo ed esplicita metafora antirazzista – è ancora più forte e più sconvolgente. In qualche caso l’ibernazione da pandemia fa gioco. Antebellum era programmato per uscire nelle sale nella primavera del 2020.
Visto oggi, dopo l’assalto a Capitol Hill, il finale del film, specialmente, fa rizzare i capelli. Ai meriti indiscutibili del congegno si aggiunge una profezia involontaria. Per gli storiografi americani, il termine “antebellum” è di comune accezione per definire i prodromi della Guerra Civile. I Sudisti persero la guerra ma la vinsero in Letteratura. Via col Vento, pagina scritta e film, non a caso, è diventato l’immagine universale di quel conflitto, la Storia riscritta per le masse. Giocando di rimbalzo tra passato schiavista e presente d’integrazione apparente, il film scava nella “pancia” profonda dei sogni di chi è pronto a battersi, ancora, contro il “tradimento” della vittoria elettorale di Joe Biden. Le bandiere confederate del 6 gennaio erano un simbolo preciso di nostalgia, prima ancora che di parte politica.
La bandiera confederata sventola sulla piantagione della Louisiana che apre il film, con le querce e le crinoline alla Scarlett O’Hara e gli schiavi costretti a orrori da lager, giustiziati, marchiati a fuoco, condannati al silenzio, le schiave usate come pubbliche prostitute. Non manca nemmeno un forno crematorio. C’è un perché: in piena Guerra Civile uno squadrone di fanteria confederato, al comando del Capitano Jasper (Jack Huston), ha assunto il comando della piantagione. Sfiancata di giorno sui campi di cotone e stuprata ogni notte, la schiava Eden (l’attrice e cantante Janelle Monáe) è per qualche motivo un simbolo di resistenza. Avverto: i due poli tra i quali si muove il film sono The Handmaid’s Tale (Il racconto dell’ancella) e M. Night Shyamalan, ma va tenuta ben presente l’epigrafe di apertura, dalla penna di William Faulkner: “Il passato non muore mai. Non è neanche passato” (The past is never dead. It’s not even past).
Stacco su un cellulare che squilla: Eden si risveglia Veronica, sociologa da talk show della buona borghesia afroamericana, casa da Vip e famiglia perfetta, attivista per la sua gente, femminista, molto più che integrata. Fate molta attenzione: la successione – tarantinianamente – non è temporale. Perché Veronica, dopo svariate avvisaglie di discriminazione razziale strisciante, nel pieno di un convegno nel profondo Sud dove ha incontrato l’amica Dawn (la Gabourey Sidibe del bellissimo Precious), viene rapita e condotta in schiavitù. E qui si spiega l’inizio del film: non è memoria di un altro secolo, ma un’oasi protetta in cui la supremazia bianca può coronare il suo sogno profondo che resiste al tempo e alle leggi. Un’oasi nostalgica in cui il Senatore (repubblicano) competitor dell’eminente sociologa in tv può umiliarla e violarla e asservirla fisicamente. Antebellum è Black Lives Matter in chiave femminista. E la rivolta black di fine primavera, con la demolizione delle statue simbolo dello schiavismo (piaccia o non piaccia l’idea), non ha mai trovato riscontro più fedele.
Attualità? È un film su un contagio che resiste a ogni vaccino. Senza spoilerare, chiude su due colpi di scena, in successione, capaci di stanare paura, sorpresa, emozione. Colpi di scena su un’America tecnicamente antebellum, con tanta voglia di guerra civile, for real o per inguaribile sport. Contraddico con sommo piacere certi critici frettolosi. È un film di genere, non ha pretese autorali, ma dice molto senza usare il megafono della propaganda. Sugli Oscar 2021 peserà molto l’estate di fuoco dei riots razziali. L’Academy ha riscritto le sue regole in materia d’inclusione. Per le cinquine si accreditano registe donne non bianche come la Chloé Zhao di Nomadland e la Regina King di One Night in Miami, splendidi attori non bianchi come la Viola Davis e lo scomparso Chadwick Boseman di Ma Rainey’s Black Bottom, il Delroy Lindo di Da 5 Bloods di Spike Lee, Kingsley Ben-Adir e Leslie Odom Jr. di One Night in Miami. Se si è scovata una statuetta per l’horror politico di Get Out, perché non dare una chance a questo inquietante Antebellum?