Anna Muzychuk, la regina degli scacchi che rifiutò soldi e premi per i diritti delle donne

di Francesco Lommi (luce.lanazione.it, 26 giugno 2021)

Il vero nome della regina degli scacchi non è Beth Harmon come vogliono farci credere Scott Frank e Allan Scott, autori dell’omonima serie tv su Netflix, bensì Anna Muzychuk. Anna è una ragazza ucraina. Fin da bambina il richiamo della scacchiera è irresistibile, tanto che già a 9 anni inizia a partecipare a tornei con coetanei. E oltre ad avere una grande passione, dimostra un talento fuori dal comune. Dal 2003 al 2010 infatti conquista due campionati ucraini, un mondiale under 16 e un mondiale juniores. Nel 2012 viene insignita della massima onorificenza per uno scacchista: diventare Gran Maestro. Nel 2014 trionfa al campionato mondiale lampo femminile (il totale dei secondi accumulati mossa dopo mossa, durante la partita, non possono superare i 5 minuti), specialità in cui davvero non ha rivali.

Ph. David Llada / tehran2017.fide.com

Solo due anni più tardi Anna viene eletta miglior giocatrice all’Open magistrale a Gibilterra e partecipa alle Olimpiadi di Rio del 2016, dove si impone con la medaglia d’oro nel singolare e con il bronzo nella gara a squadre. Per chiudere un 2016 da sogno, porta a casa anche il mondiale giocato a dicembre a Doha. La carriera di una fuoriclasse. Nel 2017 è chiaramente la giocatrice migliore al mondo. È l’anno in cui il mondiale di scacchi fa tappa in Arabia Saudita. A febbraio Anna gioca (e ovviamente vince) un importante torneo in Iran, con un leggero hijab in testa. Tutto farebbe pensare a una sua partecipazione ai mondiali arabi ma, poco prima dell’inizio della competizione, la Muzychuk fa un passo indietro: decide di non partecipare rinunciando quindi a due ori sicuri: «Tra pochi giorni perderò due titoli del campionato del mondo, uno dopo l’altro. Ho deciso di non andare in Arabia Saudita. Per non giocare secondo le regole di qualcun altro, per non indossare l’abaya (un lungo abito che copre tutto il corpo delle donne), per non essere necessariamente scortata quando sono fuori, per non sentirmi una creatura di seconda categoria».

La Federazione mondiale scacchi provò di tutto per farle cambiare idea. Si arrivò persino ad un accordo con il governo arabo per far vestire le giocatrici con abiti abbottonati fino al collo. Ma per Anna non era né una questione di abito, né una questione di soldi: «Ho rinunciato a un guadagno superiore a quello che potrebbero darmi 12 eventi simili. Questa è una presa di posizione per far valere i diritti in cui crediamo, la cosa più terribile è che sembra non interessare a nessuno». Sono passati diversi anni da questo episodio, e Anna è diventata un simbolo contro la disparità di genere. Quello che si è fatto fino ad oggi non è ancora abbastanza: le donne meritano rispetto e un trattamento allo stesso livello di quello degli uomini. Anche perché Anna, probabilmente, avrebbe vinto anche il mondiale maschile.

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