di Paolo Mastrolilli (repubblica.it, 18 dicembre 2022)
Angelina Jolie lascia l’incarico di inviata speciale dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, dimostrando che dopo vent’anni neanche lei, come tanti altri in buona o cattiva fede, capisce come funziona il Palazzo di Vetro. Jolie rientra sicuramente nella categoria dei frustrati in buona fede, e infatti la separazione è stata quanto meno presentata come un atto consensuale, con il suo impegno a continuare il lavoro per le questioni umanitarie e dei diritti umani.
La realtà poi si assumerà il compito di mostrarci con quale efficacia. Angelina aveva iniziato a collaborare con l’agenzia nel 2001, diventando poi inviata speciale nel 2012. Nel comunicato congiunto con cui è stata annunciata la fine del rapporto ha detto di essere «grata per il privilegio e l’opportunità avuta», e ha promesso «continuerò a fare tutto quanto in mio potere per sostenere i rifugiati. Dopo venti anni di lavoro nel sistema Onu, ho sentito che era venuto il momento per me di operare in maniera diversa, impegnandomi direttamente con i rifugiati e le organizzazioni locali». L’agenzia l’ha ringraziata per le oltre sessanta missioni compiute, e il commissario Filippo Grandi ha fatto buon viso a cattivo gioco, dicendo che «Angelina Jolie è stata un’importante partner umanitaria di Unhcr. Dopo un periodo lungo e di successo con noi, comprendo il suo desiderio di cambiare e appoggio la sua decisione. Guardo con fiducia alla nostra continua amicizia».
Il peccato originale dell’Onu è rivolgersi a queste personalità, nella speranza che con la loro popolarità attirino l’attenzione su cause nobili. Lo fanno tutti, a partire dagli esperti di marketing e pubblicità, ma non sempre funziona. Jolie aveva preso sul serio il suo incarico, però nel giugno scorso aveva già manifestato la propria frustrazione con un articolo pubblicato da Time in cui aveva scritto che «a causa del modo in cui è stata costruita, l’Onu pende verso gli interessi e le voci delle nazioni più potenti, a spese della gente che soffre». Quindi a novembre era tornata sull’argomento con un editoriale per il Guardian, dedicato alla violenza sessuale nei conflitti, con cui aveva denunciato come «spesso ci imbattiamo in alcuni membri del Consiglio di sicurezza che abusano del loro potere di veto, come nel caso della Siria».
Ha assolutamente ragione, ma non è una scoperta originale o nuova. L’Onu è stata fondata dalle potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale, che ovviamente si sono messe in condizione di proteggere i propri interessi. Proprio la loro presenza, però, con tutte le difficoltà che crea, dà forza all’organizzazione, quando riesce a intervenire. La Russia, ad esempio, meriterebbe di essere cacciata, perché in Ucraina ha chiaramente violato la Carta delle Nazioni Unite. E dopo? Putin si ritirerebbe per la vergogna? E chi negozierebbe l’accordo sul grano, le ispezioni nella centrale di Zaporizhzhia, l’evacuazione da Mariupol, e magari un giorno anche la pace? L’Onu è imperfetta perché così siamo noi esseri umani che la componiamo. Ma, come dicono gli americani, se ti hanno dato i limoni, devi provare a farci la limonata. Naturalmente con l’augurio che a Jolie riesca meglio.