di Mauro Zanon (ilfoglio.it, 11 novembre 2019)
Il pettegolezzo circolava ormai da qualche settimana, e nel weekend è arrivata l’ufficialità: Vikash Dhorasoo, ex centrocampista del Milan e della Nazionale francese, è il candidato sindaco al Comune di Parigi per La France Insoumise (Lfi), il partito della Sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon.
“In seguito all’Assemblea costituente di Décidons Paris, proponiamo un binomio per Parigi: Danielle Simonnet e Vikash Dhorasoo! Facciamo vivere l’alternativa e la democrazia, fabbrichiamo una città popolare, femminista, antirazzista, ecologista: Parigi, è il momento di decidere!”, si legge nel comunicato stampa della lista sostenuta dalla France Insoumise. E ancora: “L’ambizione di Décidons Paris è di federare le lotte, gli abitanti e tutte le forze associative, sindacali e politiche per mettere fine alla Parigi dei ricchi, dell’attrattività finanziaria e turistica, e della cementificazione antiecologica”.
Nato e cresciuto a Caucriauville, quartiere periferico di Le Havre, in Normandia, Dhorasoo, da quando ha appeso gli scarpini al chiodo, si è ritagliato un profilo di intellò e portavoce mediatico delle minoranze. I suoi genitori sono originari dell’Isola di Mauritius e i bisnonni venivano dall’India: radici che non smette mai di ricordare durante i suoi discorsi pubblici e che la stessa stampa indiana sottolineò con orgoglio quando venne selezionato dalla nazionale francese per la Coppa del Mondo del 2006, poi persa in finale contro l’Italia (sulle sue delusioni con l’Équipe de France girò anche un documentario in Super 8, Substitute). “È il primo giocatore con radici indiane a partecipare a una fase finale di Coppa del Mondo”, scrisse.
Un idolo a Nuova Delhi, ma un idolo anche a Parigi, soprattutto nelle banlieue e nei quartieri multiculturali. Non è un caso, infatti, se è stato scelto come capolista di Lfi nel Diciottesimo Arrondissement, la zona con il più alto numero di popolazione di origine immigrata. “Siamo entusiasti della decisione di Vikash Dhorasoo”, ha dichiarato Simmonet, il volto femminile del ticket con cui Mélenchon si presenta a Parigi, salutando “le prese di posizione di un ex giocatore di calcio, diventato una figura di primo piano, impegnato contro il razzismo e la Lgbtfobia, un uomo coraggioso nelle sue battaglie”.
A quarantasei anni, dopo aver giocato nell’Olympique Lyonnais, nel Milan e nel Paris Saint-Germain, dopo aver lanciato un movimento per un calcio “sostenibile e gioioso”, Tatane (significa “scarpa” nel linguaggio popolare), ed essere diventato a febbraio ambasciatore dell’ong Oxfam, che lotta per ridurre la povertà nel mondo, Vic, come lo chiamano i suoi amici, è convinto di poter dire la sua anche in politica. I sondaggi, tuttavia, mostrano che la lista Lfi può arrivare al massimo al 5 per cento, per ora.
E se è vero che in molti, nel Diciottesimo Arrondissement, sostengono che la scelta di Dhorasoo farà progressivamente lievitare la percentuale, per il suo “percorso atipico” che lo rende un accattivante outsider, è vero anche che alcune sue frasi verranno difficilmente digerite da quei parigini che il prossimo anno sono a chiamati a scegliere il sostituto o la sostituta di Anne Hidalgo. “Notre-Dame o l’Arco di Trionfo non mi dicono nulla, non è la mia storia”, ha detto pochi giorni fa in un podcast registrato con Rokhaya Diallo, controversa egeria della Sinistra terzomondista, nota per aver promosso riunioni e campi estivi “vietati ai bianchi”.
Dhorasoo è l’ennesimo giocatore rossonero dell’èra Berlusconi a lanciarsi in politica.