(ilpost.it, 30 giugno 2020)
Un numero sempre maggiore di grandi aziende, americane e non solo, ha deciso di boicottare Facebook aderendo alla campagna Stop Hate For Profits, che combatte la diffusione di contenuti razzisti, violenti o che fanno disinformazione sui social network. Le prime aziende ad annunciare questa decisione erano state The North Face e Patagonia, la settimana scorsa. A loro si sono aggiunte, tra le altre, grandi aziende come Coca-Cola, Ford, Microsoft e Starbucks, che è il sesto più grande inserzionista di Facebook.Cos’è Stop Hate For Profits
È una campagna ideata dalla Anti-Defamation League (Adl) e dalla National Association for the Advancement of Colored People (Naacp). La prima è una grande ong americana contro le discriminazioni razziali; la seconda è una delle prime e più influenti associazioni per i diritti civili degli afroamericani. Come tante altre organizzazioni che si occupano di diritti civili, negli ultimi tempi l’Adl e la Naacp hanno partecipato alle proteste contro la morte di George Floyd e in generale contro il razzismo sistemico americano. Due settimane fa hanno chiesto agli inserzionisti di Facebook – che ottiene i suoi ricavi grazie alla pubblicità – di boicottare la piattaforma, cioè di smettere di pagarla per la pubblicazione di annunci pubblicitari. Le ragioni di questo invito al boicottaggio sono state spiegate in un annuncio pubblicato sul Los Angeles Times: Facebook ha permesso la diffusione di contenuti «che incitavano alla violenza contro i manifestanti che combattono per la giustizia razziale» e «ha dato un megafono ai nazionalisti bianchi includendo fonti di notizie con legami con estremisti politici nel proprio programma di “fact checking”».
Facebook era stato pesantemente criticato, anche dai suoi stessi dipendenti, dopo la decisione del suo amministratore delegato e fondatore Mark Zuckerberg di non rimuovere alcuni post del presidente degli Stati Uniti Donald Trump sulle proteste contro l’uccisione di George Floyd. Gli stessi contenuti su Twitter erano stati, invece, segnalati come inappropriati e pericolosi. Da anni, poi, Facebook è accusato di chiudere un occhio a fronte della pubblicazione di notizie false e post che promuovono l’odio.
L’adesione delle aziende
Oltre alle società già citate, hanno annunciato un boicottaggio di Facebook anche l’azienda produttrice di gelati Ben & Jerry’s; Diageo, cioè l’azienda produttrice della vodka Smirnoff, del gin Tanqueray e del whisky Johnnie Walker; Honda e Volkswagen; l’azienda di prodotti tecnologici HP; Levi Strauss dei jeans Levi’s; la casa di produzione cinematografica Magnolia; l’azienda farmaceutica Pfizer; Puma e la multinazionale Unilever.
Alcune aziende hanno annunciato un boicottaggio per tutto il mese di luglio, altre per trenta giorni; c’è chi ha citato esplicitamente Stop Hate For Profits annunciando il boicottaggio, molte altre società non hanno dichiarato un’esplicita adesione alla campagna. Honda e Unilever boicotteranno Facebook solo limitatamente alle pubblicità dirette al pubblico americano, continuando a fare inserzioni negli altri Paesi, altre in tutto il mondo.
Quali saranno le conseguenze del boicottaggio per Facebook?
In una dichiarazione data alla Cnn venerdì, Carolyn Everson, vicepresidente della divisione di Facebook che si occupa dei rapporti con gli inserzionisti a livello mondiale, ha detto: «Rispettiamo profondamente le decisioni di ogni azienda e continuiamo a concentrarci sulla rimozione dei discorsi d’odio e sul fornire agli utenti informazioni importanti sulle elezioni. I nostri dialoghi con chi si occupa di marketing e con le organizzazioni per i diritti civili riguardano come, insieme, possiamo essere una forza positiva».
Per il momento gli esperti di marketing e social network non pensano che Facebook soffrirà una grossa perdita dovuta al boicottaggio: la piattaforma ha più di otto milioni di inserzionisti attivi e i suoi ricavi sono dovuti principalmente a un gran numero di aziende piccole e medie. Nel 2019 i dieci più grossi marchi che facevano pubblicità su Facebook contribuivano solo al sei per cento dei suoi ricavi nel Nord America, secondo i dati della società di analisi di mercato Pathmatics. Tuttavia un boicottaggio da parte di grandi aziende note in tutto il mondo è un danno d’immagine rilevante, che sta avendo conseguenze sul valore delle azioni di Facebook in Borsa.