di Giorgio Cappozzo (internazionale.it, 13 febbraio 2025)
Ascoltare “si trasforma in un razzo missile, con circuiti di mille valvole” scatenava un turbamento mistico. Goldrake era il nostro dio e Actarus il suo profeta. La musica di Vince Tempera con i cori di Fabio Concato il nostro inno.
La saga del robot giapponese ideato da Gō Nagai torna su RaiPlay in versione aggiornata, meno potente dell’originale, ma pur sempre una piacevole madeleine della nostra catechesi televisiva. Arrivata in Italia nel 1978, l’alabarda spaziale proponeva un paesaggio ludico e naturalistico distante dall’immaginario americano e da quello sovietico.
Un’anomalia, negli anni della Guerra Fredda, che spiazzò le sinistre. Da una parte Lotta Continua che elesse Ufo Robot a “simbolo della ribellione”, dall’altra Dario Fo e altri intellettuali che ne stigmatizzarono la violenza e l’ossessione per il nemico.
La polemica più accesa la si deve all’onorevole di Democrazia Proletaria Silverio Corvisieri, che, su la Repubblica, raccontò allarmato della deriva dei suoi figli, più coinvolti dalla battaglia per il pianeta Fleed che dalla scuola. L’onorevole trovò una sponda nei comitati dei genitori cattolici, un compromesso storico galattico dal fragile destino.
Goldrake difendeva la Terra, che a noi già appariva uno schifo, puntando agli astri. Un turbocapitalista alla Musk o un generoso e corazzato ambientalista? La risposta credo sia nei libri di cibernetica, un nodo che se sapessi sciogliere sarei il capo del mondo.