Adidas ha rinunciato a una pubblicità con Bella Hadid dopo le critiche di Israele

@adidasoriginals via X

(ilpost.it, 20 luglio 2024)

Questa settimana la grande azienda di abbigliamento sportivo tedesca Adidas ha diffuso la campagna pubblicitaria per le SL72, un tipo di sneaker da corsa dal design un po’ retrò disegnate inizialmente per le Olimpiadi estive di Monaco di Baviera del 1972. L’azienda ha coinvolto cinque personaggi del mondo della moda e dello sport per la campagna: tra loro c’era Bella Hadid, modella americano-palestinese molto celebre e richiesta, che da anni si espone particolarmente a favore dell’indipendenza della Palestina, criticando anche varie politiche del governo israeliano.

La pubblicità è stata criticata da Israele e da alcune associazioni statunitensi che si occupano di individuare e denunciare possibili casi di antisemitismo, per due ragioni. La prima è che la campagna rimanda alle Olimpiadi del 1972, quando le SL72 furono introdotte per la prima volta, senza menzionare mai però che durante quell’evento il gruppo terroristico palestinese Settembre Nero irruppe nel villaggio olimpico, prendendo in ostaggio e poi uccidendo undici membri della squadra israeliana.

La seconda ragione è legata al coinvolgimento della stessa Hadid: in un post su X, il profilo ufficiale del governo israeliano ha accusato la modella di avere «un passato di affermazioni antisemite e di incitamento alla violenza contro israeliani ed ebrei» per via del suo reiterato attivismo a favore dell’indipendenza della Palestina. L’American Jewish Committee, organizzazione statunitense che negli ultimi anni ha spesso sostenuto che le critiche alle politiche del governo israeliano siano di per sé antisemite, ha scritto che il fatto che Adidas «abbia scelto una modella apertamente anti-israeliana per ricordare questi giochi olimpici dolorosi è stata una grossa svista, o una scelta intenzionalmente provocatoria. Nessuna delle due opzioni è tollerabile».

In seguito alle critiche, Adidas ha cancellato i post sui social network in cui annunciava la partecipazione di Bella Hadid alla campagna, pur mantenendo quelli che mostrano gli altri testimonial coinvolti. L’azienda ha pubblicato poi una dichiarazione: «Siamo consapevoli di aver fatto dei collegamenti, sebbene del tutto involontari, con tragici eventi storici, e ci scusiamo per qualsiasi turbamento o angoscia che questo potrebbe aver provocato». L’azienda, che già in passato aveva interrotto i propri rapporti con il rapper Kanye West in seguito a una serie di affermazioni apertamente antisemite, ha detto che «sta rivedendo la campagna».

Bella Hadid è nata a Washington, negli Stati Uniti, nel 1996: sua madre è di origini nederlandesi; suo padre Mohamed Hadid [immobiliarista naturalizzato americano – N.d.C.] nacque nella città di Nazareth nel 1948, poco prima della Nakba (parola araba che vuol dire “Catastrofe”), ovvero l’espulsione di massa di 700mila palestinesi costretti a lasciare le proprie case durante la guerra combattuta tra Israele e vari Paesi arabi tra il 1947 e il 1949. La sua famiglia fuggì in Libano e non poté più tornare in quelli che erano ormai territori appartenenti allo Stato di Israele.

Nel 2015 Mohamed Hadid raccontò che la loro casa venne occupata da una famiglia ebraica fuggita dalla Polonia durante la Seconda guerra mondiale, che gli Hadid avevano a lungo ospitato e con cui avevano fatto amicizia: «Sono stati nostri ospiti per due anni e poi ci hanno reso profughi, cacciandoci dalla nostra stessa casa». Il diritto di ritornare alle case che hanno lasciato nel 1948 è, da allora, uno dei temi centrali del movimento a favore del popolo palestinese.

Nel corso degli anni, sia Bella Hadid sia – meno rumorosamente – sua sorella Gigi (modella altrettanto famosa) e suo fratello Anwar (cantante ed ex fidanzato della popstar Dua Lipa) hanno sostenuto la causa palestinese. Nel 2017, per esempio, Bella partecipò a una marcia contro la decisione dell’allora presidente Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come Capitale di Israele, donando poi insieme a Gigi un milione di dollari alle associazioni che si occupano di distribuire aiuti umanitari ai palestinesi.

Dopo l’invasione della Striscia di Gaza da parte dell’esercito israeliano – avvenuta alla fine dello scorso ottobre dopo che il 7 ottobre il gruppo radicale islamista Hamas aveva organizzato un violentissimo attacco contro Israele, uccidendo più di mille persone e rapendone più di 250 –, Bella Hadid ha più volte partecipato a manifestazioni e condiviso messaggi che chiedono il cessate il fuoco e una maggiore protezione dei civili palestinesi. Al Festival di Cannes, a maggio, ha poi indossato un vestito che richiamava da vicino una kefiah, il copricapo tradizionale utilizzato nel mondo arabo, in cotone e con una fantasia a scacchi, diventato nel tempo simbolo del nazionalismo e della causa palestinese.

Bella Hadid ha, inoltre, definito un genocidio ciò che sta accadendo nella Striscia di Gaza; una posizione condivisa da molti attivisti, ma anche da esperti di Diritto internazionale e da alcuni governi negli ultimi mesi. Secondo le ultime stime del ministero della Salute di Gaza, gestito da Hamas, i civili uccisi nella Striscia da ottobre a oggi sono più di 38mila. Milioni di altre persone non hanno più una casa e vivono in campi profughi sovraffollati, con grandi problemi nel reperire cibo e acqua.

In un’intervista del 2022, Bella Hadid raccontò che «moltissime aziende hanno smesso di lavorare con lei» e alcuni «amici l’hanno completamente abbandonata» in risposta al suo attivismo per la causa palestinese. L’anno precedente, un gruppo chiamato World Values Network – una lobby statunitense che sul proprio sito dichiara di avere l’obiettivo di «diffondere i valori ebraici nel mondo» – aveva pagato un’inserzione pubblicitaria a tutta pagina sull’edizione cartacea del New York Times in cui accusava Bella Hadid, Gigi Hadid e Dua Lipa (che all’epoca aveva una relazione con il loro fratello, Anwar) di antisemitismo.

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