di Adele Sarno (huffingtonpost.it, 6 novembre 2024)
«We have a new star. A star is born: Elon». Con queste parole, pronunciate dal palco del quartier generale di Palm Beach durante il discorso della vittoria, Donald Trump consacra Musk come la nuova stella del partito Repubblicano. E lancia un messaggio importante: potrebbe essere proprio lui il vero vincitore del secondo mandato del tycoon. La ragione è chiara: con l’ingresso in politica, il suo impero imprenditoriale potrebbe beneficiare enormemente dal ritorno dell’ex presidente alla Casa Bianca.
Musk, che ha trasformato X in una piattaforma pro-Trump, sembra destinato a ricoprire un ruolo centrale durante i prossimi quattro anni. Lo ha confermato lo stesso Trump qualche giorno fa, annunciando che avrebbe affidato a Musk una commissione governativa per «l’efficienza del governo». All’Economic Club di New York, ha dichiarato di aver accettato la proposta di Musk di guidare una «task force» incaricata di effettuare un’analisi completa «finanziaria e di performance» dell’intero governo federale e di fornire alla presidenza «raccomandazioni per riforme radicali».
«Dobbiamo ridurre la burocrazia e le eccessive regolamentazioni federali» ha affermato Musk, aggiungendo che «l’America è una nazione di costruttori» e promettendo: «presto sarete liberi di costruire». Che le intenzioni siano serie lo si capisce dal fatto che Elon ha già creato anche un acronimo per il suo prossimo ruolo: “Doge”, che sta per Department Of Government Efficiency, cioè Ministero dell’Efficienza. Col quale promette di far risparmiare allo Stato duemila miliardi di dollari ogni anno. Non solo l’ipotesi di un possibile ruolo governativo per Elon Musk in caso di rielezione di Trump era già in circolazione da qualche giorno, ma lo stesso miliardario ha fatto sapere durante lo spoglio che non ha alcuna intenzione di allontanarsi dalla politica.
Anche il Washington Post ha sottolineato quanto l’impatto politico di Musk sulla rielezione di Trump sia senza precedenti, superando le tradizionali mobilitazioni di altri miliardari a sostegno di un candidato. Musk ha infatti trasferito il quartier generale di America Pac, il super Pac da lui fondato e interamente finanziato con 118 milioni di dollari in poco più di tre mesi, nello Stato decisivo per la vittoria alla Casa Bianca, lavorando a stretto contatto con il team di Trump. Così facendo il patron di Tesla, X, SpaceX, Neuralink, Starlink e The Boring Company ha portato le sue piattaforme nel sistema Stato. E i vantaggi che potrebbe ottenere sono senza precedenti: dalla possibilità d’influire su questioni normative come le leggi sul lavoro e la protezione ambientale, alla riduzione delle aliquote fiscali e all’accesso a un numero maggiore di contratti governativi per SpaceX.
Del resto Musk è sempre più un personaggio chiave sia per l’economia statunitense sia per la sicurezza nazionale. La sua azienda SpaceX produce missili di nuova generazione, più avanzati ed economici rispetto a quelli di Lockheed-Martin e Boeing, e ha sviluppato satelliti militari e spia per il Pentagono, sostituendo in parte i colossi storici come Raytheon e Northrop. I satelliti Starlink, inoltre, rivestono un ruolo geostrategico, cruciali nel conflitto in Ucraina e considerati potenziali strumenti di sorveglianza in altre aree di tensione, come Taiwan e Gaza.
Come se non bastasse, Musk ha ricevuto una clearance di sicurezza dai militari che gli consente l’accesso a informazioni riservate ma lo obbliga anche a rispettare rigide restrizioni di riservatezza. Tuttavia, la sua personalità eccentrica e il suo stile comunicativo sollevano timori tra i vertici militari, che si chiedono se nei suoi colloqui con Putin possa aver rivelato informazioni sensibili; conversazioni che Musk, inizialmente, aveva negato, ma che sono state confermate dal Cremlino.
Neanche a dirlo, il conflitto di interesse è dietro l’angolo. Alcuni legislatori hanno detto alla Nbc News di temere che Musk possa indirizzare la politica statunitense verso i suoi interessi finanziari. Hanno inoltre espresso preoccupazione per una sua possibile ingerenza, tale da compromettere l’obiettivo degli Stati Uniti d’impedire alla Cina l’accesso a tecnologie avanzate utili per potenziare le sue capacità militari e di intelligence. E ancora, secondo il canale all news, il ceo di SpaceX potrebbe inoltre incrementare gli affari delle sue aziende grazie al profondo legame con Trump, arrivando persino a mettere in difficoltà i suoi concorrenti nel settore aerospaziale, come Boeing.
Di recente ha criticato Boeing per i suoi enormi contratti governativi, sostenendo che i contratti assegnati ai grandi colossi della difesa ostacolano l’innovazione e non incentivano il completamento dei lavori. Invece di allontanarsi dai conflitti di interesse, Musk ha dichiarato apertamente di voler vedere Trump ridurre le normative per favorire le sue imprese. «Quello che vediamo con SpaceX, Tesla e altri è che l’oppressione normativa, anno dopo anno, sta peggiorando», ha affermato durante un evento in Pennsylvania lo scorso 18 ottobre. Sono molti gli analisti che sostengono che la potenziale influenza di Musk sul governo degli Stati Uniti derivi dal ruolo preminente di SpaceX, di cui Musk è ceo. La compagnia è stata definita un «monopolio de facto», grazie alla sua quota dominante nel lancio di satelliti commerciali e governativi nello spazio.
In questo senso è interessante quanto sostiene The Atlantic in un lungo articolo. Franklin Foer ricorda un incontro del dicembre 2016, quando Donald Trump, appena eletto presidente, convocò alcuni dei più influenti magnati americani al 25° piano del suo quartier generale a Manhattan. Tra i presenti c’erano Jeff Bezos di Amazon, Elon Musk di Tesla e Tim Cook di Apple. Nonostante fosse appena divenuto l’uomo più potente al mondo, Trump assunse un tono lusinghiero: «Non c’è nessuno come voi al mondo!» esclamò, aggiungendo: «Sono qui per aiutarvi a fare bene».
Ma allora i miliardari non erano sicuri che Trump fosse realmente allineato con i loro interessi. Oggi quella certezza sembra più vicina, ma porta con sé anche il rischio, secondo il giornale, di una possibile oligarchia “trumpista” negli Stati Uniti. In questo scenario, Trump potrebbe stringere un’alleanza con i giganti della tecnologia, come Musk e Bezos — il quale, per inciso, ha deciso di non schierare il suo Washington Post a favore di Kamala Harris. Questa collaborazione sarebbe segnata da uno scambio di favori: Trump agevolerebbe gli interessi economici delle élite, e loro, in cambio, sosterrebbero il suo potere.
Il rischio, secondo l’articolo dell’Atlantic, è che questa simbiosi corroda sia il capitalismo sia la democrazia, centralizzando il potere e permettendo ai miliardari di esercitare un controllo senza precedenti su settori chiave come spazio, criptovalute e Intelligenza Artificiale. Si legge su The Atlantic: «Prendiamo l’esplorazione spaziale: Musk e Bezos non vogliono solo che il governo sovvenzioni i loro razzi e finanzi la crescita delle loro aziende aerospaziali; vogliono diventare gli architetti della vita umana nello spazio. Gli oligarchi della tecnologia hanno anche interesse a promuovere le criptovalute, sperando che le loro aziende sostituiscano il Tesoro statunitense. Alcune di queste aziende mirano anche a evitare le normative sull’Intelligenza Artificiale per esercitare un controllo più invisibile sul flusso di informazioni e sul commercio».
«La vittoria di Donald Trump nel 2024 potrebbe favorire il sostegno a Starlink, la rete satellitare globale di Elon Musk, accelerandone l’espansione in Usa, Europa e Italia». Ne è convinto anche Giovanni Zorzoni, presidente dell’Associazione Italiana Internet Provider, che spiega come Starlink abbia già dimostrato una forte competitività, specialmente nelle aree con digital divide, e potrebbe rappresentare una minaccia non tanto per la fibra ottica quanto per le reti mobili e i servizi Fwa, che spesso servono zone difficili da cablare. «Con la rinnovata leadership americana» spiega Zorzoni, «Starlink potrebbe spingere gli operatori europei a rivedere le strategie per mantenere la loro posizione, soprattutto di fronte a tecnologie come il WiFi-7, LoRa Wan, e le reti 5G e 6G, già sotto pressione negli ultimi anni. La penetrazione di Starlink in Europa potrebbe, quindi, accelerare gli investimenti o segnare il limite di crescita per il mercato radiomobile».
Con tali premesse, Musk, 53 anni, si trova in una posizione decisiva. Il rapporto con il 78enne presidente degli Stati Uniti, ancora legato al suo passato, apre un nuovo capitolo. Trump, egocentrico e narcisista, elogia spesso i successi delle aziende di Musk durante i comizi. E sono in molti a vedere Musk come il maggiore beneficiario di un secondo mandato presidenziale di Trump. Del resto, l’ha detto oggi Trump: «We have a new star. A star is born: Elon».