di Massimo Russo (esquire.com, 1° marzo 2021)
A volte basta un reggaeton che inneggia alla vita per far paura alla rivoluzione. Accade a Cuba, dove una canzone dei Gente de Zona, band di Miami che in passato si era esibita all’Havana con il beneplacito del regime, da un paio di settimane è diventata la bestia nera del governo. Il pezzo ha fatto innervosire le autorità fin dal titolo, Patria y Vida, un gioco di parole in contrapposizione allo slogan della rivoluzione castrista Patria o Muerte. Il testo, cantato dai Gente de Zona insieme con altri artisti, e in cui compaiono anche intellettuali dissidenti, racconta della carestia, della mancanza di libertà, dell’economia in crisi.
La contromisura adottata dal governo la dice lunga su quanto la minaccia sia stata presa sul serio: due giorni dopo l’uscita del brano, la televisione di Stato ha interrotto i programmi invitando gli spettatori ad applaudire e a cantare l’inno nazionale, mentre i giornali cubani hanno scritto che la band è stata manipolata dalla mafia di Miami. Il testo se ne infischia e recita impertinente: “È finita. Niente più bugie. La mia gente chiede libertà. Niente più dottrine. Non gridiamo più Patria o Muerte, ma Patria y Vida”. Cantare alla vita piuttosto che alla morte, soprattutto in tempi di pandemia, appare senz’altro più sensato.