a cura di Marco Beltrami (fanpage.it, 1° ottobre 2022)
Antonio Inoki è morto a 79 anni. A confermarlo i media giapponesi, che hanno citato fonti vicine alla famiglia di un’icona non solo per il mondo dello sport. Se ne va una leggenda del wrestling e un personaggio che ha dato un contributo importante anche fuori dal ring, impegnandosi nel sociale e nell’attività politica. Quando si parla di Inoki infatti è estremamente riduttivo definirlo solo un wrestler, nonostante il suo ruolo fondamentale nell’evoluzione di questo sport.
Kanji Inoki (questo il suo nome originario) era nato in una famiglia benestante, che però dopo la Seconda guerra mondiale fu ridotta sul lastrico. La morte improvvisa del papà, uomo d’affari e politico, spinse la famiglia a trasferirsi in Brasile. Qui Kanji e i suoi dieci fratelli dovettero subito darsi da fare, iniziando a lavorare per mantenersi sin dalla giovanissima età. In Sudamerica il fisico statuario di quel 17enne non passò inosservato, motivo per cui fu quasi fisiologico il suo ingresso nel mondo della lotta professionistica dopo l’esperienza con il karate. A quel punto ecco il cambio di nome, con Kanji Inoki che divenne Antonio Inoki in omaggio al wrestler italo-argentino Antonino Rocca, di cui era un grande ammiratore.
La sua popolarità crebbe in modo eccezionale e non solo per le sue doti ma anche per un volto difficile da dimenticare, con un mento molto prolungato. Successi a ripetizione per Inoki, diventato in patria una sorta di icona e simbolo da esportare anche all’estero. Non è un caso che sia stato proprio lui a rivelarsi l’artefice del successo del wrestling moderno, attraverso la fondazione di una lega professionistica, con il fondamentale inserimento anche della televisione a bordo ring negli anni Settanta. Memorabile soprattutto l’incontro con un’altra leggenda dello sport e del pugilato come Muhammad Ali, nel 1976, al Nippon Budokan di Tokyo, evento che ottenne un’audience eccezionale a livello globale. Ambasciatore della lotta e del wrestling anche Oltreoceano, pioniere della Mixed Martial Art, Inoki divenne una figura importante anche per la tv. Basti pensare alle sue sempre più costanti apparizioni in produzioni televisive, come il suo personaggio nel popolare cartone animato L’Uomo Tigre. Dopo una carriera molto lunga, nel 1988 il ritiro che, però, non gli precluse di garantire un contributo importante a quello sport che gli aveva dato tanto.
Inoki iniziò una nuova vita anche fuori dal ring, buttandosi in politica con la volontà concreta di fare qualcosa per il suo Paese. La popolarità gli permise di essere eletto al Parlamento tra le fila del partito Sport e Pace. Attivamente l’ex lottatore si confermò una colonna per il Giappone e i giapponesi, con un’intensa attività diplomatica: durante la guerra in Iraq fu fondamentale il suo impegno per il rilascio di ostaggi nipponici. Fece lo stesso, poi, nell’ambito delle trattative con il regime di Pyongyang. Pochi mesi fa, sul suo profilo Twitter ufficiale, Antonio Inoki ha celebrato quelle sue imprese postando alcune foto con gli altri diplomatici coi quali riuscì a salvare la vita a tanti suoi connazionali. Già in quegli scatti si può notare come le sue condizioni di salute non fossero ottimali. D’altronde già nel 2020 aveva rivelato al mondo di dover fare i conti con problemi al cuore. Il Giappone e lo sport perdono un personaggio unico, capace di lasciare un’eredità eccezionale.