di Antonio Gurrado (ilfoglio.it, 1° luglio 2022)
E così, a Wimbledon, alcuni colori sono meno proibiti di altri. La normativa che storicamente impone il bianco ai tennisti – causando da tempo scompensi fra i più pittoreschi, tipo Agassi – da un po’ si è rammollita attorno alla lettera del regolamento, che parla di tenuta “quasi completamente bianca”; tutto sta a decidere l’estensione di quel “quasi”. Quest’anno ad esempio è prevista un’eccezione o, meglio, un caso su cui i severissimi giudici chiudono entrambi gli occhi: quando il tennista indossi rimandi alla bandiera ucraina, allo scopo di esprimere solidarietà eccetera eccetera. Quindi, a rigore di norma, se quest’anno a Wimbledon uno non vuole vestire solo di bianco è obbligatorio che indossi il giallo e il blu.
Purtroppo non sono un tennista, pertanto non posso scoprire in prima persona cosa accadrebbe se indossassi il giallo e il blu senza sottintendere elevati riferimenti geopolitici ma solo campanilistico orgoglio nel riprendere il gonfalone della natia Gravina in Puglia. Verrei sottoposto a processo alle intenzioni prima di essere squalificato? E se volessi invece sfoggiare vistosi inserti rosso-nero-verdi, per esprimere solidarietà nei confronti delle popolazioni afgane, libiche, sudanesi, comunque in guerra anche loro?