di Giorgio Merlo (huffingtonpost.it, 21 marzo 2022)
Lo scenario politico è cambiato. È profondamente cambiato. Già prima dell’invasione russa nei confronti dell’Ucraina e di una guerra che è destinata a mutare definitivamente gli equilibri geopolitici mondiali. E, di conseguenza, anche il ruolo e la “mission” della stessa Europa. Ci sarà un cambiamento profondo di fronte al quale tutte le forze politiche debbono misurarsi. Di destra, di sinistra e di centro. È inutile attardarsi in analisi virtuali pensando che, dopo la fase cruenta di questa invasione, tutto possa ritornare come prima. E questo per una semplice ma, al contempo, grande ragione. E cioè, quando la politica estera diventa centrale e determinante per elaborare un progetto politico da un lato e tracciare le alleanze politiche ed elettorali dall’altro, è addirittura scontato che il quadro nel suo insieme è destinato a cambiare in profondità.
Al di là delle stesse volontà dei singoli partiti in competizione. E, nel cambiamento radicale, sono le stesse identità politiche dei partiti ad uscirne diverse e modificate. Certo, nel nostro Paese è ormai da tempo che sono scomparse le cosiddette e tradizionali “culture politiche” a vantaggio di quei movimenti populisti e antipolitici che hanno, di fatto, raso al suolo qualsiasi riferimento culturale e ideale se non quello dettato dalla mera convenienza del momento e legata direttamente al dogma dei sondaggi. Una situazione che, come noto, prima o poi sarebbe arrivata al suo capolinea, perché le mode difficilmente reggono lo spazio di una legislatura. E così è stato puntualmente anche questa volta. Con una aggiunta, però, peraltro drammatica. Perché il cambiamento, questa volta, è stato accelerato da un evento imprevedibile e in continua evoluzione: il ritorno della guerra.
Ma, al di là di questo dramma che si è abbattuto, soprattutto in Europa, con concrete conseguenze e ricadute che ci saranno nei prossimi tempi, sono due gli elementi di fondo che emergono in modo netto dopo questo drammatico evento bellico – che purtroppo non si è ancora concluso – e alla vigilia di elezioni che, piaccia o non piaccia ai 5 Stelle, si celebreranno nel nostro Paese il prossimo anno a primavera dopo una legislatura caratterizzata dal trasformismo politico e dall’opportunismo parlamentare. Ci sono, cioè, due subculture che sono destinate a tramontare, seppur lentamente ma irreversibilmente, e che hanno dominato e caratterizzato il panorama politico italiano in questi ultimi anni. Due subculture che vanno sotto il nome di populismo e sovranismo.
Il populismo, innanzitutto. Lo abbiamo conosciuto bene in questi anni. Prima del 2018 nelle piazze. Dopo il 2018 nelle aule parlamentari e al governo. Una pagina triste e decadente per la salute della nostra democrazia, una parentesi da dimenticare al più presto e, soprattutto, una stagione devastante per l’azione di governo nel nostro Paese. Oltre ad avere praticato in modo disinvolto alcuni disvalori profondi della politica italiana: dal trasformismo politico all’opportunismo parlamentare. Una fase, comunque sia, che ha contribuito in modo decisivo a dequalificare la politica, a impoverire la democrazia e a ridurre l’efficacia della stessa azione di governo. Dalle carenze della classe dirigente – l’ormai celebre “uno vale uno” – al non rispetto delle istituzioni democratiche; dall’azzeramento delle culture politiche al superamento dei partiti organizzati; dall’indifferenza nei confronti della democrazia rappresentativa all’odio e agli insulti nei confronti dei “nemici” politici e via discorrendo. Un campionario noto a tutti e che, non a caso, è stato pubblicamente, ripetutamente e misteriosamente ripudiato negli ultimi mesi.
In secondo luogo il sovranismo. Lo abbiamo conosciuto in Italia con l’esperienza della Lega di Salvini. Anche su questo versante, e dopo la drammatica vicenda bellica che riporta nuovamente la politica estera al centro della nostra elaborazione politica, culturale, programmatica e di governo, è indubbio che il sovranismo – almeno per come lo abbiamo conosciuto e sperimentato nel nostro Paese – sia destinato a cambiare profondamente. Se non addirittura ad essere definitivamente azzerato e superato. Il campanilismo nazionalista e il sovranismo della singola nazione, oggettivamente, non reggono più di fronte al riequilibrio della geopolitica europea e internazionale. Vanno riprese finalmente e, purtroppo, tardivamente, le categorie politiche e culturali che hanno reso il nostro Paese un interlocutore importante e decisivo nel corso della sua lunga e qualificata storia democratica. Un ruolo che è stato reso possibile da una classe dirigente all’altezza della situazione, preparata e riconosciuta a livello internazionale.
Pertanto, non c’è sovranismo o populismo che tengano di fronte alle nuove sfide. Occorre voltare definitivamente pagina. E, soprattutto, vanno abbandonate le alleanze con i partiti populisti e sovranisti. Sempre che esistano ancora. Il corso della Storia guarda ormai altrove. Adesso va capito e perseguito con razionalità, intelligenza e coraggio. Si apre, appunto, un’altra fase storica e politica. Tocca, di conseguenza, a chi ha sempre combattuto questi “opposti estremismi”, e cioè il populismo e il sovranismo, guidare la nuova fase politica che si sta aprendo anche nel nostro Paese. Senza nostalgie e senza ricadere, per l’ennesima volta, in altre mode e in altre subculture che hanno già provocato sufficienti danni alla qualità della nostra democrazia e alla credibilità delle nostre istituzioni democratiche.