Perché dovremmo guardare oggi la serie di Zelensky

di Cristina Brondoni (wired.it, 15 marzo 2022)

L’attore che interpretava la parte di Vasily, ormai lo sappiamo tutti, è l’attuale presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Che, nemmeno a dirlo, si è poi candidato presidente per il partito Sluga Naroda, fondato dai proprietari della casa di produzione della serie tv, Kvartal 95, tra cui Zelensky stesso e Ivan Bakanov, suo amico di infanzia e attuale capo del servizio di sicurezza dell’Ucraina. In molti hanno definito Volodymyr Zelensky un comico, ma sarebbe più opportuno pensarlo come attivista. La serie tv rientra a pieno titolo nella satira politica, ma vista adesso è evidente che si è trattato di qualcosa di più di un’espressione artistica. Zelensky ha utilizzato la tv per mostrare, o meglio dimostrare, un’altra Ucraina.

Un’Ucraina libera dalla corruzione che arriva fino agli ultimi, ma che è dominio indiscusso dei potenti. Degli oligarchi. Ma andiamo con ordine. Il protagonista di Слуга народа, Vasily Petrovich Goloborodko, arriva alla presidenza dopo che un video girato di nascosto da uno dei suoi studenti è diventato virale. Vasily, nel filmato, si scaglia contro la corruzione, e lo fa con parole piuttosto colorite, senza mezzi termini. Senza paura. E, come è capitato a molti di noi, dice quello che si dice in questi frangenti, a partire da “Se fossi il presidente”. Inaspettatamente, il professore di Storia diventa un baluardo per chi la pensa come lui. E sono talmente tanti che, alla fine, arriva alla carica che, fino a quel momento, era rimasta un’ipotesi. Una volta insediato lo vediamo alle prese con lusinghe e tentazioni, da una limousine lunga quanto un pullman alla dimora da sogno per arrivare ai soldi. Molti soldi. Fino a questo punto ci si poteva arrivare, non serve molta fantasia: qualsiasi ruolo di potere, a qualsiasi latitudine, offre dei privilegi. Ma Vasily declina con fermezza: è sempre andato al lavoro in bicicletta, continuerà ad andarci in bicicletta. E, pur non avendo competenze politiche, conosce bene la Storia, l’ha insegnata fino al giorno prima. Ora è la Storia da cui imparare, non più solo da insegnare.

Non sorprende neppure che al neoeletto presidente vengano presentate le centinaia di persone che ricoprono un qualche ruolo all’interno del governo, incluso il massaggiatore, il motivatore e l’estetista. Come prima mossa Vasily Goloborodko licenzia tutti e, come prevede la Costituzione ucraina, scioglie il Parlamento per nominare i nuovi ministri. Ma prima se la deve vedere con il presidente uscente, che lo accoglie sparando con un fucile a pompa e si rifiuta di lasciare il palazzo del governo. Disperato, non può credere davvero ai danni che la democrazia può fare. Nel frattempo Vasily è quasi commosso quando, arrivando al lavoro, nota una quantità di gente in bicicletta. Sorride felice: il suo esempio è stato seguito! Ma una volta in ufficio, attraverso le telecamere, vede che le bici vengono caricate sui furgoni e le comparse pagate per il loro lavoro. Nessuno, infatti, ha rinunciato a niente: hanno provato a farglielo credere.

Esilarante, se non fosse per le vittime dell’attuale situazione, la scena in cui gli viene spiegato il protocollo per ricevere i capi di Stato in visita. La procedura non è difficile: attende seduto che il capo di Stato venga presentato e, a quel punto, si alza, tende la mano, saluta nella sua lingua e torna a sedersi. La serie è del 2015: all’epoca, quindi, varcano la porta della sala per le prove le comparse di Barack Obama, Angela Merkel, Putin e Sarkozy insieme. Per ognuno Vasily attende, si alza, stringe la mano, saluta, si siede. Quando viene annunciato il presidente della Bierlorussia, Lukashenko, Vasily si alza, ma il capo dello staff gli dice di tornare a sedersi, dato che “è solo Lukashenko”. La domanda che sorge spontanea è come abbia poi fatto Zelensky a restare serio quando, da vero presidente, ha incontrato Lukashenko. E tutti gli altri.

Per tacere della scelta del look. Ad un certo punto viene proposto a Vasily un orologio della stessa marca che indossa Putin. La frase, tradotta, non è niente di che, ma in originale la marca dell’orologio ha lo stesso suono della parola “khuylo” che significa “testa di c**o” e che è diventato uno slogan delle manifestazioni anti Putin. E, se si conoscono anche poche parole di Russo (o di Ucraino, non cambia niente), la battuta ha un effetto dirompente. Un altro episodio vede il presidente arrivare in Parlamento mentre i deputati se le stanno dando di santa ragione, rissa accaduta davvero l’8 aprile 2014. Poiché il richiamo alla calma non sortisce alcun effetto, Golobordko urla un “Putin è stato deposto!” che fa ammutolire la sala. Il presidente chiarisce poi che era solo una battuta.

La serie tv ruota attorno alle idee riformiste ed europeiste di Goloborodko, che, tra le altre cose, riceve la fatidica telefonata da Angela Merkel. La cancelliera tedesca annuncia che finalmente l’Ucraina è entrata in Europa. Il presidente ucraino non sta più nella pelle e, in Inglese, esprime la sua felicità anche a nome di tutti gli ucraini. A quel punto Merkel lo ferma: “Ucraini?”, “Esatto, sì, siamo ucraini.”, “Ah, mi scusi. Pensavo di aver chiamato il Montenegro”. Vasily, contrito e deluso, si congratula con il Montenegro e, dopo aver chiuso la chiamata, impreca con un discreto numero di F-word. La serie punta l’attenzione sulla riluttanza ad abbandonare quella rassegnazione tipica di chi sa già come andrà a finire (spoiler: non bene). Aspettarsi sempre il peggio mette al riparo dalle delusioni, dalla frustrazione. Dalla tristezza.

Il nuovo presidente sceglie tra i suoi amici, tra le persone di cui si fida, con cui è cresciuto, i membri del nuovo governo. Come ministro degli Affari esteri opta per un amico attore che, oltre a parlare Inglese, è anche un ottimo comunicatore. Viene ricandidato l’ex capo dei servizi fiscali, licenziato dal governo precedente per aver fatto il suo lavoro in modo eccellente portando alla luce affari loschi che coinvolgevano il governo. Non tutti gli rispondono di essere pronti per la carica proposta, ma alla fine si presenteranno, al suo fianco, per un’Ucraina indipendente, onesta e sempre più vicina all’Europa. A capo della banca di Ucraina mette la sua ex moglie, Olga, e non lo nasconde, anzi, sostiene che da ex marito sa bene che sarà capace di controllare qualsiasi movimento bancario. A capo dei servizi segreti viene invece proposta una ex insegnante di Vasily: chi meglio di un professore di scuola è in grado di esercitare il controllo? Tanto è vero che il presidente fa notare al capo dello staff che la maestra era soprannominata Berija (il capo della polizia segreta di Stalin).

Ma la corruzione sembra restare, nonostante tutto, nonostante gli sforzi. Gli episodi 15 e 16 della prima stagione non possono più essere considerati un prodotto televisivo. Sono, infatti, una dichiarazione di intenti e una denuncia al tempo stesso. Nel quindicesimo episodio, Zelensky (nelle vesti di Vasily Petrovich Goloborodko) è in auto e non riesce neppure a parlare al telefono visto lo stato disastroso delle strade. Chiunque abbia fatto un giro sulle strade ucraine sa bene di cosa si stia parlando. Non si tratta di qualche buca o di asfalto un po’ danneggiato. Ci sono vere e proprie voragini in mezzo alla strada, il rischio di lasciarci l’avantreno è altissimo. Fatto sta che Vasily scende dall’auto quando nota un cantiere fermo. Gli addetti stanno mangiando. Dopo averli salutati fa notare che non è ora di pranzo, ma di lavoro. La caposquadra risponde al presidente che, certo, lavorerebbe volentieri. Ma con un solo sacco di sabbia è un po’ difficile asfaltare un’intera via. Vasily si dà da fare. Torna in ufficio e chiama il ministro delle Infrastrutture. Gli mostra le autostrade polacche, quelle slovacche, quelle bielorusse, in particolare quella che collega Minsk a Brest. E poi le strade ucraine. Le foto sono vere, naturalmente. I luoghi sono reali. Tutto è vero, anche se è mediato dalla telecamera.

Così, dopo che Vasily non ha lasciato spazio alle rimostranze e alle scuse del ministro delle Infrastrutture, a quest’ultimo non resta che telefonare al responsabile dei Lavori pubblici e di lì, una telefonata via l’altra con lo split screen, lo spettatore assiste alla lavata di capo che arriva, puntuale, alla responsabile del cantiere che, finalmente, dice la sua: con un solo sacco di sabbia non ci fai niente, soprattutto se tutto viene rubato prima ancora che arrivi a lei. Lei che, da tre mesi, non prende lo stipendio: ovvio che debba rivendere ciò che arriva per dar da mangiare ai figli. Risponde anche che se le persone venissero retribuite per quello che fanno, nessuno ruberebbe. Dice che la strada, a quella condizione, ovvero stipendi e materiali, sarà pronta in un mese e costerà dieci milioni di grivnie (al cambio odierno, anche se la serie è di sette anni fa, fanno poco più di trecentomila euro). La risposta torna indietro ed è qui che emerge il sistema: il capo della caposquadra sostiene col suo superiore che ci vogliano due mesi e venti milioni, il superiore parla con il costruttore e gli dice che servono sei mesi e quattrocento milioni, il costruttore chiama quindi il responsabile statale dichiarando che ci vogliano un anno e un miliardo, il ministro delle infrastrutture torna da Vasily con la risposta per riparare le strade di Kiev: servono due anni e due miliardi. E aggiunge: “Ovvio, non di grivinie”. Sottinteso che parla di dollari. La storia della riparazione delle strade di Kiev prosegue nell’episodio successivo che sembra vedere Vasily perdente.

Persino sua sorella (televisiva) è talmente corrotta che si aspetta che non avrà alcun problema ad avere un prestito dalla banca, proprio perché, pur non avendo garanzie, è la sorella del presidente dell’Ucraina. Alla fine della puntata il presidente sembra sopraffatto, ma dà l’ultimo colpo di coda. Durante una conferenza stampa una giornalista lo accusa di essere diventato uguale a tutti gli altri politici, corrotto e ladro. Che non sta facendo niente per migliorare le cose. E lo spettatore ha visto cos’è successo, sa che ci ha provato e che nessuno è disposto a perdere niente, che la corruzione è così profondamente radicata che sembra far parte del dna del suo popolo. E accetta di spiegare. Il monologo, di tre minuti, non è quello di un attore comico che interpreta una parte, ancora una volta è quello dell’attivista Zelensky che richiama alle proprie responsabilità un intero popolo. In sintesi, dice Zelensky, noi stessi siamo da biasimare.

Tutto inizia dalla nascita. Nasce questo bambino, nasce ucraino. Ma, non appena capisce qualcosa, vede suo padre che, seduto davanti alla tv, dà delle capre ai governanti, e ci sono queste duecento grivnie che gli sono state offerte. E perché dovrebbe lasciarle, dato che comunque le prenderebbe qualcun altro. Il bambino ascolta e poco a poco si trasforma in suo padre, in questo khokhol. La parola è il termine dispregiativo con cui i russi chiamano gli ucraini. E prosegue dicendo che poi ci sono gli zii, e tutti si adattano. E poi c’è la scuola. Una scuola molto, molto costosa. E il bambino va benissimo a scuola e nel frattempo la famiglia va in vacanza sul fiume Dnepr, e fa niente per la spazzatura. Ma non importa, basta non farci caso. E a venti o venticinque anni sarà deputato. E viene trasformato in khokhol. E starà bene, i figli studieranno in Svizzera, non qui, per stare lontano dagli ucraini. Non andranno in vacanza sul Dnepr, che fa schifo. Ma alle Maldive, per stare lontano dagli ucraini. Compra un appartamento da qualche parte a Londra, sempre per stare lontano dagli ucraini. Lontano da tutto questo. Che non gli appartiene. Ed ecco oscurata l’anima ucraina.

Concluso il discorso, il presidente chiede: “Ci sono altre domande, miei cari ucraini?”. L’episodio si conclude così, con quella frase che è l’apertura di ogni video che, da diciassette giorni, gli sentiamo pronunciare su Instagram per rivolgersi al suo popolo. Impressionante. Così com’è impressionante vista adesso, come un presente distopico, la scena del decimo episodio della prima stagione in cui gli oligarchi giocano a Monopoli ma, invece dei consueti Viale dei Giardini e Vicolo Stretto, in palio ci sono Kharkiv, Zhitomir e il porto di Odessa.

Spread the love