di Andrea Indiano (wired.it, 3 febbraio 2022)
Oltre a preparare il proprio esercito, l’Ucraina sta utilizzando un metodo atipico per fronteggiare il pericolo di una guerra con la Russia: i meme. L’account Twitter verificato, creato nel 2016 da un addetto stampa dell’allora governo di Kiev e tuttora collegato all’esecutivo, ha iniziato a postare immagini sarcastiche riguardanti il possibile conflitto. Alcuni meme famosi sono stati adattati al periodo di crisi e in poco tempo sono diventati messaggi virali a sostegno dell’Ucraina. La novità online rischia di trasformare i rapporti diplomatici fra i due Stati, ma l’utilizzo dei meme nasconde molti altri significati secondo un esperto italiano della moderna comunicazione politica.
Meme contro la guerra
Secondo le fonti internazionali, sarebbero circa 100mila i soldati russi vicini al confine ucraino. Nonostante i portavoce del presidente russo, Vladimir Putin, abbiano recentemente smentito la possibilità di un’invasione, l’escalation della situazione preoccupa ovunque. Proprio la definizione assegnata dai media a ciò che sta succedendo, ovvero “crisi ucraina”, ha dato l’occasione all’account ufficiale dell’Ucraina di twittare un meme. Un’immagine del cartone animato dei Simpson è stata modificata con un testo ad hoc: “Non chiamatela più crisi ucraina. Non c’è nessuna crisi. C’è un cattivo vicino”, ha postato l’account con 280mila followers. Più di 50mila like e 9mila retweet hanno regalato un breve momento di fama sul web.
E non si è trattato del primo post con meme. Al 27 dicembre 2021 risale un tweet che nomina direttamente il rivale: “Le vere paure di Putin”, c’è scritto sopra l’immagine di un docile cane (che rappresenta l’ingresso dell’Ucraina nella Nato) contrapposto a un pericoloso lupo simboleggiante i diritti umani, la libertà di stampa e delle elezioni democratiche. Secondo l’account ufficiale dell’Ucraina, il presidente russo dovrebbe preoccuparsi molto di più degli ultimi tre elementi. In un’intervista del quotidiano Washington Post il gestore dell’account @Ukraine, che è rimasto anonimo, ha spiegato i motivi dei meme: “Abbiamo un compito molto pratico da raggiungere con questi meme. Spiegare ad un pubblico ampio e distante che il problema è la Russia”.
L’analisi della tattica
Gianpietro Mazzoleni, autore del libro La politica pop online. I meme e le nuove sfide della comunicazione politica, ha provato ad analizzare questo fenomeno. “Non è la prima volta che si parla in termini di meme war, espressione usata a proposito della guerriglia combattuta a suon di meme contro gli avversari democratici durante la campagna presidenziale americana in cui vinse Donald Trump. I meme sono spesso considerati alla stregua di armi, di frecce o cannonate, pur essendo quanto di più lontano dall’hardware di una guerra sul terreno. Non credo che la Russia sia particolarmente turbata di essere target di questi strali. Sarà al più infastidita e reagisce con il medesimo armamentario virtuale dei troll e dei bot, come del resto ha già fatto, e se ne possono vedere esempi interessanti nella timeline di @Ukraine”.
Per quanto riguarda i canali social della Russia, non si segnalano interferenze né risposte agli ucraini. Il profilo ufficiale Twitter di Mosca continua a diffondere contenuti per il turismo, come fanno la maggior parte degli altri account ufficiali degli Stati. L’aggiornamento della comunicazione politica ai social può comunque favorire l’interesse della generazione più giovane alla vita politica. Tutto ciò è in grado di creare o di consolidare un’opinione pubblica in linea con l’atteggiamento del proprio governo di fronte alla minaccia di invasione. Essendo prodotti che mixano elementi testuali, iconici e video della cultura pop, capaci di veicolare satira graffiante e decostruire il potere, i meme hanno una singolare capacità di suscitare interesse e di mobilitare le coscienze. “Di qui la viralità e il conseguente enorme potenziale di diffusore di idee, reazioni, proclami, parole d’ordine. I meme ucraini sono tutto fuorché divertissement. Non potranno nulla contro un eventuale attacco, ma sono capaci di creare e sostenere il sentiment collettivo e nazionale contro l’aggressore”, conclude Mazzoleni.