di Silvia Renda (huffingtonpost.it, 13 dicembre 2021)
Correva l’anno 2005. Con le mani nascoste in un paio di jeans, un ragazzo all’apparenza intimidito si esibiva per la prima volta sul palco dell’Ariston di Sanremo. La sua canzone non era in gara, esclusa dalla competizione perché già eseguita in pubblico in un festival musicale di minore popolarità. Ma Paolo Bonolis – conduttore quell’anno della kermesse – ne riconobbe il potenziale e chiese al suo autore di presentarla ugualmente nella prima serata di Rai Uno, abbinandola a un progetto solidale. Il Festival quell’anno lo vinse Francesco Renga con Angelo, ma la vera rivelazione fu il brano cantato da quel ragazzo dai modi apparentemente introversi e pacati: I bambini fanno oh di Giuseppe Povia rimase al numero uno nella hit parade italiana per venti settimane, portando a casa sette dischi di platino.
Sono trascorsi quasi due decenni da allora e sui palchi Giuseppe Povia – o solo Povia, come si fa chiamare adesso – ha abbandonato il fare timido. I bambini che facevano “oh” ora “non vanno toccati”, negli slogan fatti propri dal popolo dei no green pass di cui lui si fa spesso portavoce, ospite nelle manifestazioni che inneggiano a teorie complottiste sull’uso dei vaccini. Il cantautore milanese, classe 1972, non ha mai nascosto le sue posizioni di estrema di destra, pubblicamente euroscettico, sovranista, no gender e persino neoborbonico. La sua carriera musicale, in iniziale ascesa dopo l’exploit sanremese, ebbe altri momenti fortunati prima di arenarsi nel limbo degli ex noti. Lui è diventato il principale promoter di sé stesso, sfruttando ampiamente i canali social per coltivare un rapporto confidenziale con il suo pubblico, al quale chiede di sostenerlo, con donazioni a favore della “musica libera”.
Sanremo è un tema che ricorre ancora oggi nei suoi pensieri, in un rapporto nato nell’amore e terminato in una serie di polemiche. Un anno dopo l’esibizione fuori gara, il Festival lo ha vinto, con un brano che esaltava i valori della monogamia e della fedeltà coniugale, dal titolo Vorrei avere il becco: i più lo ricorderanno come “Il piccione di Povia”. Nel 2008 iniziano i primi dissapori: la canzone Uniti, proposta in coppia con Francesco Baccini, viene bocciata, e Povia fa partire dal suo blog di MySpace una critica contro il festival di Pippo Baudo, definito “tornacontocratico”. Un anno dopo arriva la polemica più nota, quella sull’omosessualità rinnegata da Luca, che era gay e adesso sta con lei. Con buona pace delle varie associazioni Lgbt, che osteggiano apertamente il cantante accusandolo di omofobia, Povia ancora una volta dimostra di piacere al pubblico sanremese. Secondo posto per lui, che niente ha potuto contro La forza mia di Marco Carta, fresco prodotto del talent di Maria De Filippi.
“Sono anni che non mi presento, ci tengo a dirlo”, ha commentato sui social smentendo la notizia di una candidatura fallita per l’edizione del 2022. La dichiarazione è arrivata nel giorno in cui un’altra notizia che lo riguardava circolava sui mezzi d’informazione. Secondo quanto riferito dal sito Genova24, il cantante avrebbe dovuto rinunciare a prendere parte a una manifestazione no green pass prevista nella città dopo aver contratto il Covid-19. Lo avrebbe riferito agli organizzatori, rassicurandoli sulle sue condizioni di salute; lui, però, non ha confermato né commentato pubblicamente. I canali con cui aggiorna sulla sua vita i fan, d’altronde, non mancano: 8mila iscritti su Telegram, dove scrive personalmente messaggi confidenziali ai fan o condivide articoli contro il vaccino, 52mila follower su Instagram e quasi altrettanti su Youtube, piattaforma che ospita più spesso video-pillole in cui illustra il suo pensiero polemico su tematiche politiche e sociali.
Di questo impegno critico, se così si può definire, risente anche la sua musica: il video di uno dei suoi ultimi singoli, Liberi di scegliere, presentato nell’agosto del 2021, critica le leggi contro la ragione, contro la mente, contro la gente, in un attacco diretto alle ultime decisioni prese dai governi per fronteggiare la minaccia del Coronavirus. Una minaccia che non esiste, a suo parere, arroccato su posizioni no Covid vax. “Giuridicamente siamo finiti come il secolo passato, discriminati. Il vaccinato è ariano”, scrive in un post apparso sul suo profilo Telegram, in cui paragona le ristrettezze disposte per i non vaccinati al trattamento subìto dagli ebrei in tempi di persecuzione. Povia si è dichiarato più volte simpatizzante di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, mentre ha spesso criticato il Partito Democratico. A scanso d’equivoci, nel 2016 ha pubblicato il singolo Era meglio Berlusconi. Accusato in passato di xenofobia, nel 2013 Povia ha criticato Cécile Kyenge affermando che “se si prende a cuore i problemi degli extracomunitari dandogli la precedenza in una nazione come la nostra Italia, allora anche a me dà fastidio. L’Italia va gestita da italiani”. Anche Giuseppe Garibaldi è finito nel mirino del cantante, colpevole di aver unito l’Italia. Sono passati molti anni da quando teneva le mani nascoste sul palco dell’Arsiton, ma gli resta quell’aria un po’ incantata, che alle volte finisce per far simpatia anche ai molti che lo criticano per le sue posizioni contrarie alla ragione scientifica.