di Francesco Lepore (linkiesta.it, 16 novembre 2021)
Ascolti record per l’ultima puntata di Che tempo che fa, nei cui studi Fabio Fazio ha accolto Lady Gaga giunta a Milano per la première di House of Gucci. 3.611.000 persone hanno ascoltato la popstar statunitense mentre con semplicità raccontava della sua infanzia, della sua carriera e del film di Ridley Scott, in cui interpreta il ruolo di Patrizia Reggiani. Ma l’hanno vista anche più volte commossa, a partire dalle prime battute dell’intervista, quando Fazio ha introdotto il tema dell’affossamento del ddl Zan. Ne è seguita la messa in onda di un breve video della manifestazione milanese, tenutasi all’Arco della Pace il 28 ottobre per protestare contro quanto successo al Senato.
I fotogrammi scelti sono stati quelli relativi all’intonazione di Born this way, il celebre singolo di Lady Gaga che dall’11 febbraio 2011, giorno della sua pubblicazione, è divenuto l’inno del movimento Lgbtq+ mondiale. Asciugandosi le lacrime, la cantautrice ha voluto rivolgere un messaggio «alla comunità Lgbtq+ in Italia», dicendo: «Siete i più coraggiosi, siete i più gentili, siete un’ispirazione». Per poi riferirsi in termini di disastro, cui gridare, a quanto successo il 27 ottobre a Palazzo Madama, dove l’approvazione del non passaggio agli articoli del disegno di legge è stata accompagnata, come noto, da urla e applausi. Nello spiegare la necessità di una reazione corale, ha parlato quindi a livello generale delle persone Lgbtq+, che devono essere ovunque «protette, a tutti i costi, come tutti gli esseri umani viventi su questa terra. Io continuerò a scrivere musica per voi. E la cosa più importante: cercherò di lottare per voi».
Benché pochi se ne siano accorti, c’è un fil rouge tra queste parole e quelle pronunciate esattamente dieci anni fa dalla stessa Lady Gaga a Roma. Era la sera dell’11 giugno 2011 quando, al Circo Massimo, la cantante si esibì al piano proprio in Born this way e in The edge of glory davanti a un milione di persone giunte nella Capitale per l’Europride. Già nota dal 2008 per l’attivismo a favore delle persone Lgbtq+, la popstar tenne in quella sede un discorso che, pronunciato tra i due brani e incentrato sul preoccupante stato dei diritti in larga parte d’Europa e del mondo, la consacrò a livello mondiale come paladina della comunità arcobaleno. «Man mano che mi sono avvicinata a voi con la musica e l’arte e la moda» questa la parte centrale del discorso, «ho iniziato a celebrare la nostra individualità. Mi è apparso così chiaro che la mia missione era diventare parte di questa comunità Lgbtq+. Oggi, e in realtà ogni giorno, noi lottiamo per la libertà e la giustizia. Chiediamo uguaglianza piena. Sono arrabbiata come voi. Dobbiamo dare prova della nostra rabbia e della nostra pena e difendere l’amore». Per poi pronunciare la storica definizione delle persone Lgbtq+ quali «rivoluzionari d’amore». La richiesta di piena uguaglianza era soprattutto riferita alla battaglia italiana per il matrimonio egualitario, particolarmente sentita in un periodo in cui più forti erano i no di Oltretevere sotto Joseph Ratzinger e del quarto governo Berlusconi. Battaglia, in realtà, sostenuta in più parti del mondo al pari di quella più generale di tutele legali contro l’odio omotransfobico. «La diseguaglianza» così ancora Lady Gaga quella sera di dieci anni fa «ancora si sente in molti governi. Russia, Lituania, Polonia, Libano, i Paesi del Medio Oriente. Ci sono tante, troppe leggi che hanno effetto su queste persone che non riescono a integrarsi e che arrivano anche al suicidio. Io sono una cittadina del mondo e chiedo ai governi, lo chiedo qui di fronte al mondo: aiutateci. Quando potremo sposarci? Quando potremo non essere più oppressi?».
In realtà la cantante era salita sul palco dell’Europride perfettamente informata dello stato dei diritti delle persone Lgbtq+ in Italia e in Europa. Era stata lei stessa, attraverso il suo management, a chiederne notizia al comitato organizzatore dell’evento, diretto da Rossana Praitano, presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, e composto da Paolo Patanè, presidente nazionale di Arcigay, Porpora Marcasciano, presidente del Mit, Giuseppina La Delfa, presidente di Famiglie Arcobaleno, e Rita De Santis, presidente di Agedo. A soddisfare la richiesta furono Patanè e Praitano, che compilarono un accurato dossier composto di singole schede. Quel Paolo Patanè, oggi coordinatore dei Comuni Unesco della Sicilia, cui si deve in realtà la partecipazione di Lady Gaga all’Europride di Roma. Fu lui infatti che, due settimane prima dell’inizio della visita ufficiale della segretaria di Stato Hillary Clinton in Italia (6 maggio 2011), incontrò l’allora ambasciatore degli Stati Uniti David Thorn. Durante la conversazione il diplomatico domandò esplicitamente come il governo statunitense potesse sostenere l’evento. «Risposi» racconta oggi Patanè a Linkiesta «indicando espressamente Lady Gaga come madrina dell’Europride. Mi fu allora chiesto di formulare la richiesta in una lettera alla segretaria di Stato. Ebbi rassicurazione del risultato ottenuto dalla stessa Clinton, che m’indirizzò una breve nota di risposta con la celebre frase: “Gay Rights are Human Rights and Human Rights are Gay Rights”. Si tenga in conto che nel 2011 eravamo pienamente convinti che fosse necessario dare una scossa emotiva alla comunità e restituire un fattore di coesione civica, umana, politica. Insieme alla necessità di un sistema di relazioni che allargasse il consenso e a quella di mantenere altissima la rivendicazione. E Lady Gaga significava per noi tutto ciò». La popstar, che non volle un centesimo di cachet, avrebbe poi citato le parole di Hillary Clinton sul palco del Circo Massimo. «Poco prima che la cantante salisse sul palco» così ancora Patanè «ricevetti un bigliettino dall’Ambasciata, in cui mi si chiedeva di menzionare il breve messaggio della segretaria di Stato. Quel messaggio, divenuto poi iconico, e che tutti conosciamo».
Della serata dell’11 giugno 2011 così parla al nostro giornale l’attivista transfemminista Porpora Marcasciano, da alcuni giorni presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Bologna: «Mi è rimasto impresso che nel backstage mi sono ritrovata Lady Gaga a un metro da me circondata da otto bodyguard. Lei è rimasta lì un quarto d’ora e mi è apparsa così minuta, quasi timida. Poi invece è salita sul palco e mi è sembrata l’esatto contrario. Ha fatto un discorso politico per me inaspettato, di una profondità straordinaria». Ricordo chiaro e palpitante anche in Rossana Praitano, che con Paolo Patanè fu il vero motore trainante della macchina organizzativa dell’Europride. «La presenza di Lady Gaga all’Europride del 2011» osserva a Linkiesta l’ex presidente del Mieli «fu la conclusione grandiosa di un evento eccezionale e unico per la comunità Lgbtq+ italiana, in termini di partecipazione e di unità dell’intero movimento, durato dieci giorni e con una parata finale smisurata in termini numerici. E fu un finale esplosivo non solo per la portata internazionale che diede all’evento, allargandone la platea ben oltre i confini italiani, ma anche per l’intensità emotiva dell’esibizione artistica, preceduta da parole oggettivamente da attivista che pronunciò. Il Circo Massimo di Roma, pieno, potente, carico di impegno e soddisfazione, si stendeva compatto dinanzi a un palco con un pianoforte nero su cui l’artista fece un’esibizione memorabile». Per Praitano «chi c’era non lo dimentica, chi non c’era rimpiange l’averlo perso. La mia esperienza nell’annunciarla con quanto fiato avessi in gola, dinanzi a una massa di persone da annichilire, è un privilegio unico e prezioso».