Alle Olimpiadi i gesti politici vietati sul podio

di Chiara Pizzimenti (vanityfair.it, 24 aprile 2021)

Nessun pugno alzato sul podio, nessuno a inginocchiarsi al momento dell’inno, nessuna discesa dal podio per protesta. I prossimi Giochi non avranno momenti come quelli diventati iconici nello sport olimpico. Il Comitato Olimpico Internazionale, in accordo con gli sportivi, ha stabilito regole precise per le Olimpiadi di Tokyo della prossima estate e per quelle invernali di Pechino del 2022, che dovranno essere eventi solo sportivi. Nessun riferimento a politica o religione. Non ci potranno essere gesti e simboli di protesta sul podio, durante le gare o nelle cerimonie ufficiali.

Mexico_1968«La maggior parte degli atleti non pensa che sia appropriato per gli sportivi esprimere il proprio punto di vista durante la cerimonia di apertura, sul podio e durante le gare», ha spiegato il Cio in una nota. Maggiore libertà invece «sui social, durante le conferenze stampa e nelle zone miste». Non si vedranno dunque a Tokyo o Pechino gesti come quelli nella foto in alto: la più famosa delle proteste olimpiche, quella di John Carlos e Tommie Smith, i velocisti statunitensi che alzarono il pugno chiuso sul podio per sostenere il Black Power in Messico nel 1968. In anni più recenti le proteste sono state soprattutto da parte di atleti contro colleghi accusati di doping. Lo ha fatto il nuotatore australiano Mack Horton ai Mondiali del 2019. Ai Giochi olimpici di Rio pianse la russa Yulia Efimova, travolta dai fischi della sezione atleti degli spalti dopo l’argento nei 100 rana.

In Formula Uno, Lewis Hamilton ha mostrato il suo sostegno a Black Lives Matter e molti atleti statunitensi avrebbero voluto farlo anche ai Giochi olimpici. Molte nazionali europee hanno protestato, nelle scorse settimane, per i lavoratori morti nella costruzione degli stadi per il campionato mondiale di calcio del 2022 in Qatar. Prima delle eventuali proteste, il Giappone ha il problema della realizzazione dei Giochi. Quasi il 75% dei giapponesi non vuole gli atleti, i tecnici, gli arbitri, i giornalisti e chiunque arrivi dall’estero quando il Covid-19 non è ancora sotto controllo. L’epidemia non è sotto controllo, anche se i casi sono meno che in Europa e meno dell’1 per cento della popolazione totale è stata vaccinata.

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