di Manginobrioches (huffingtonpost.it, 26 febbraio 2021)
Ma magari l’avessero letto, e studiato, Topolino! Magari ne avessero assorbito anche soltanto le parole: il lessico più vario, ricco e raffinato che si sia mai visto negli albi illustrati, e persino in tanta narrativa contemporanea. Fidatevi: se da piccoli, o anche da grandi, avessero letto davvero Topolino, oggi avremmo tutta un’altra classe politica (e forse certi partiti fondati sulla più rozza e ignorante propaganda razzista e sovranista nemmeno esisterebbero). Per cui, no, vi prego: non dileggiate Rossano Sasso, leghista (meridionale: al momento la variante più incredibile del leghismo) neo sottosegretario all’Istruzione che nel suo trionfale tweet cita Topolino convinto di citare Dante, dicendo che «umpf, quello è Topolino». Perché così fareste un torto a Topolino, e pure a Dante.
Con tutta evidenza, chi li confonde non ha letto né l’uno né l’altro, ma più probabilmente è inciampato in qualche citazione in Rete e l’ha riportata senza farsi domande (ovvero, proprio quello che non si dovrebbe fare, mai). Che poi, come si possa solo pensare che «Chi si ferma è perduto, mille anni ogni minuto» sia Dante è un mistero glorioso: basta aver letto anche una sola terzina per capire che i conti non tornano, e non può proprio essere vero. E peraltro «Chi si ferma è perduto» è motto ben più inquietante, uno dei più citati del Ventennio (Mussolini lo ululò alla folla di Genova nel discorso del 14 maggio 1938). Anche se, per fortuna, ci avevano già pensato Totò e Peppino a rovesciarlo in risata – come è possibile fare con tutta la paccottiglia mussoliniana, deo gratias – nel film di Corbucci del 1960, appunto, Chi si ferma è perduto.
In effetti, il legame di questo motto con Dante è in uno degli albi più belli e divertenti di Topolino, che periodicamente ha sempre messo in scena i più grandi classici della Letteratura, da Dante a Tasso a Cervantes (oltre all’Inferno di Topolino, il Paperin furioso, la Paperopoli liberata, o Paperino Don Chisciotte, per dire, sono capolavori e per moltissimi sono stati il primo contatto coi classici). La mia generazione, e non solo, ha un debito grandioso con Topolino: un modo di guardare, un modo di raccontare e le parole per farlo (vi ricordate quando zio Paperone continua a ripetere «me misero, me tapino»? E di Paperino «turlupinato» o ridotto a un «catorcio» vogliamo parlare? E di quando ci si «intabarra», o si «ciancia»?). E no, non vale, esimio sottosegretario all’Istruzione (gulp!) Sasso, come ammenda «mi sono confuso, rileggerò tutto Dante». Dante va benissimo, ma non dimentichi quella scuola di parola, di idee e di valori che è Topolino.