di Stefano Baldolini (huffingtonpost.it, 6 novembre 2020)
Questa notte (italiana) Donald Trump ha detto più volte di aver vinto le elezioni, di aver vinto in Wisconsin, Michigan, Pennsylvania e Georgia, e ha calcato la mano sostenendo “se si contano i voti legali, vinco facilmente. Se si contano i voti illegali, possono provare a rubarci l’elezione”. Nessuna delle cose sostenute, sono, alla prova dei fatti, risultate vere. Il discorso dalla Casa Bianca del presidente uscente e furente è stato interrotto da tre network tv come Abc, Cbs e Nbc, diffuso senza filtri dalla Fox e invece commentato live “come il più disonesto della sua presidenza” dalla Cnn.In queste ore una decina di tweet dello stesso Trump sono stati rimossi dalla piattaforma perché “controversi e fuorvianti”. Tra lentezza dello spoglio, ricorsi annunciati alla Corte Suprema e nessuna voglia dell’uscente di farsi da parte e di concedere la vittoria, probabilmente siamo solo all’inizio. Come in ogni evento che si rispetti, la lunga gestazione del 46esimo presidente degli Stati Uniti sta producendo precedenti su tutti i fronti, da quello legale evocato per presunta frode a quello massmediatico. In questo senso, Trump è ovviamente centrale. La gestione del vulcanico tycoon pone interrogativi e svolte ai media, che potrebbero non tornare più indietro nelle decisioni prese a caldo. Il primo tema che balza agli occhi è quello della censura e della libertà di espressione, addirittura, di un presidente degli Stati Uniti.
Un conto sono i social network, come Twitter, sulla cui natura ibrida di piattaforma e di media il dibattito è aperto. Di chi è un social? Del ceo, Jack Dorsey, o dei milioni di utenti (miliardi nel caso di Facebook), quindi anche di Trump? Le regole di una piattaforma sono sufficienti a delineare il campo di ciò che è pubblicabile? Dalle risposte discende anche la correttezza o meno – in un regime comunque liberale – di rimuovere contenuti, per quanto non graditi o non corretti. Persino, come riporta l’Indipendent, di arrivare a rimuovere il profilo stesso di Trump, una volta messo un piede fuori dalla Casa Bianca.
Un altro conto sono i media come i network tv, che si trovano, durante la copertura dell’evento, nella scomoda posizione di dover diffondere un documento in diretta come un discorso di un presidente senza però risultare puro megafono dello stesso, finendo per tradire proprio la missione designata dalla loro definizione. Quella di mediare, appunto, tra fatto e spettatore (o lettore), di fornire una corretta lettura della notizia senza cadere nella propaganda. Con risvolti potenziali non secondari di natura penale e di ordine pubblico. Considerato il clima di altissima tensione in cui si sta svolgendo lo spoglio complicato dall’ormai celebre voto per posta, considerando il tipo in questione, nulla è escluso, nemmeno una chiamata alla mobilitazione dei suoi supporter. Nel caso delle presidenziali statunitensi, il tutto si complica ancor di più per la circostanza che la stessa concessione della vittoria, e quindi la sostanza della stessa, diventa formale nel momento in cui il perdente pronuncia la fatidica formula.
Le risposte sono complicate dalla natura dell’evento in atto, in formazione continua, e dalla natura del medium in questione, la tv, potente e fragile al tempo stesso. C’è un precedente del gennaio 2018 in cui lo stesso meccanismo è sembrato andare in crisi. Di mezzo c’era di nuovo Trump. Si trattava di decidere come riportare l’espressione “shithole countries” riferito a El Salvador, Haiti e alcuni Stati africani, usata dal presidente in un colloquio rubato nello Studio Ovale dai giornali. Le tv se la cavarono, con non poco imbarazzo, chi usando asterischi, chi citando integralmente le parole, chi riportandole solo in sovrimpressione. E comunque non si trattava di un evento live.
Da questo punto di vista, quello che è accaduto con il discorso di Trump è un fatto mediatico (e politico) di novità assoluta. Tra l’interromperlo, per poi comunque fare fact checking, e trasmetterlo integralmente, la terza via scelta dalla Cnn è sembrata quella più efficace. L’emittente ha diffuso il messaggio al Paese tenendo in sovrimpressione la scritta: “SENZA PROVE, TRUMP SOSTIENE DI ESSERE VITTIMA DI UNA FRODE”. Lo aveva già fatto nei giorni scorsi, probabilmente lo rifarà di nuovo. La strada è aperta e potrebbe essere percorsa anche da altre tv in un futuro, presumibilmente democratico. E a tal proposito, c’è da scommettere che con il garbato e politicamente corretto Joe Biden non ce ne sarà bisogno. E certi di come si comporterà la Fox “cattiva e destrorsa” ma, in caso, la Cnn lo rifarà ancora?