(rockol.it, 30 luglio 2020)
Il cantautore canadese (ancora) contro il presidente degli Stati Uniti. Dal 2016, l’anno in cui Donald Trump s’insediò alla Casa Bianca, avendo la meglio alle presidenziali sulla candidata democratica Hillary Clinton, Neil Young è sempre stato molto critico nei confronti dell’operato del tycoon. Contro Trump si è scagliato anche recentemente, facendo sapere di essere intenzionato a fargli causa dopo che per l’ennesima volta il presidente americano ha utilizzato una sua canzone, Rockin’ in the free world, in uno dei suoi comizi, senza chiedergli il permesso.Ora Young è tornato all’attacco con le migliori armi a sua disposizione: l’autore di Harvest ha fatto a pezzi Trump riscrivendo il testo di un brano inciso già qualche anno fa, Lookin’ for a leader [sulla fine della presidenza di George W. Bush – N.d.C.], originariamente incluso nell’album Living with war del 2006. Il video della nuova versione è stato pubblicato sul suo sito ufficiale, per la serie delle “Fireside Sessions”, inaugurata durante la quarantena per intrattenere i fan suonando di fronte al camino della sua casa in Colorado.
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Nei nuovi versi scritti per la canzone, Young mette in rima il suo disprezzo per Trump: “We don’t need a leader / building walls around our house / who don’t know black lives matter / and it’s time to vote him out!”. Ovvero: “Non abbiamo bisogno di un leader / che costruisce muri intorno a casa nostra / che non sa che le vite dei neri contano / è ora di mandarlo a casa”. Il cantautore rimpiange poi la presidenza Obama e si augura che il prossimo presidente riesca a battere Trump alle elezioni e curare “il lato oscuro” dell’America.
Ecco il testo riscritto di Lookin’ for a leader – 2020:Negli scorsi giorni anche i Rolling Stones hanno attaccato Donald Trump, minacciando di fargli causa perché per l’ennesima volta ha utilizzato la loro You can’t always get what you want in un comizio. La band britannica si è fatta promotrice, insieme a Pearl Jam, Green Day, Aerosmith, R.E.M., Lorde e altri artisti del pop e del rock internazionale, di una vera e propria class action per chiedere ai partiti politici degli Stati Uniti d’istruire delle norme che regolino l’utilizzo delle canzoni in contesti politici.