di Daniele Monaco (wired.it, 24 giugno 2020)
«Instagram censura le mie stories sulla Palestina e blocca la crescita del mio account: da oggi inizia la mia disobbedienza social sulle piattaforme di Mark Zuckerberg. Addio Instagram, FaceBook e WhatsApp». È la denuncia di Chef Rubio che, dopo 9.107 post in sette anni di attività e un seguito di quasi 740mila follower su Instagram (e 770mila su FaceBook), annuncia: «Non “gioco” più su Instagram, sposto tutta la mia attività di comunicazione su Twitter, Telegram e il mio sito chefrubio.it».Il sospetto per lo chef divenuto noto sul piccolo schermo con Camionisti in trattoria e Unti e bisunti – e recentemente convertitosi a una linea da attivista dai toni forti e contenuti radicali – si chiama shadow ban, una sorta di ostracismo sistematico che, secondo la vulgata, verrebbe applicato dalla piattaforma per limitare la visibilità dei contenuti etichettati con hashtag ritenuti spam. Un vero spauracchio per tutti i profili business che vedrebbero così ridotta la visibilità e l’engagement dei propri post. Ma il caso di Rubio (@rubiochef), al secolo Gabriele Rubini, sarebbe diverso, a detta dell’interessato. «Lo shadow ban ha riguardato principalmente i miei contenuti contro l’occupazione della Palestina», dichiara a Wired. «Dopo essere stato ripetutamente bloccato su segnalazione sin dal 2017 e dopo che i miei post sono più volte stati rimossi da Instagram, ora viene penalizzata anche la visibilità delle mie stories. È una censura inaccettabile che viola il diritto di espressione. Lascio i miei profili attivi ancora per sette giorni, poi non mi resterà che cliccare su elimina account».
Cosa dicono le politiche di Instagram
Le linee guida ufficiali di Instagram non confermano o smentiscono l’esistenza di qualsiasi tipo di shadow ban, sui post o sulle stories. Ricercando il termine sulla pagina FaceBook “Instagram for business” spunta solo un messaggio ufficiale del 28 febbraio 2017. «Comprendiamo che alcuni utenti possano aver avuto problemi nella ricerca per hashtag che ha portato alcuni post a non essere mostrati», spiega la piattaforma. «Lavoriamo di continuo per migliorare il nostro sistema con le risorse disponibili». A seguire, i classici consigli per sviluppare al meglio i contenuti: pensare al proprio pubblico, fare storytelling e puntare a una buona creatività. Insomma, non pensare troppo agli hashtag. Tuttavia, nello stesso thread, diversi utenti riportano di aver subito shadow ban per «tre mesi», con un engagement crollato «del 60%». «Un problema che può danneggiare le piccole attività o limitare la possibilità di essere notati da parte di artisti che lottano per emergere», osserva qualcuno. Altri descrivono come il «velo d’ombra» si sia esteso anche ai profili secondari aperti nell’emergenza. Lo stesso fenomeno che sarebbe capitato a Chef Rubio, dopotutto.
«A dicembre-gennaio ho ricevuto le prime segnalazioni da alcune persone che mi seguono: le mie stories, che in passato ottenevano fino a 50-60mila view, non comparivano più sulla loro timeline a meno che non visitassero il mio profilo», spiega lo chef. «Un’anomalia. E in effetti le visualizzazioni dei contenuti che pubblico in quella sezione, dedicati solo alla Palestina, erano crollate a 1.000-5mila. È possibile per un profilo da 740mila follower? Non credo. Anzi, qui sorge l’altro aspetto del problema: Instagram non conteggia più i miei nuovi follower. Monitorando le notifiche ho calcolato che potevano essere circa 5mila in un giorno. Eppure, il totale è rimasto sempre fermo a 740mila da mesi, anzi è addirittura in calo e la risposta ricevuta da Instagram non mi soddisfa».
Rubio ha chiesto spiegazioni alla piattaforma. Che ha risposto (come ha potuto verificare Wired): «L’investigazione ha richiesto più tempo del previsto, abbiamo lavorato con un team specializzato per controllare la situazione. La nostra indagine dimostra che il motivo per cui il numero dei follower non aumenta, potrebbe essere dovuto al fatto che facciamo regolarmente pulizia e disabilitiamo gli account fake per mantenere sicuro il tuo profilo e questa potrebbe essere una ragione per la perdita di follower/engagement. Monitoreremo il tuo account per il tempo a venire e se sarà necessaria un’azione ulteriore ti contatteremo». «In pratica sarei figlio di… un bot», sbotta Rubio. «Fuor di metafora, non ho mai comprato follower o usato bot per averne e questo non giustifica un mancato aumento per sei mesi. Quando ho notato lo stesso fenomeno sulle stories del mio profilo di fotografo @chefrubiophotographer (43mila follower, N.d.A.) ho maturato l’idea che si tratti di una forma di shadow ban particolare e mirata, in pratica una censura alla mia attività di controinformazione sulla Palestina che avevo spostato sulle stories per evitare segnalazioni sui post».
I numeri e l’addio a FaceBook
Da marzo a oggi, intanto, su 64 post pubblicati da Rubio, 23 riguardano libri, una dozzina i suoi lavori in legno, fra cui un post che raccoglie 32mila like, e un altro dedicato al tema Coronavirus che raggiunge ben 467mila utenti (il terzo post con la maggiore copertura dell’ultimo anno). Rari i riferimenti al tema food e all’attività televisiva. Tra fine dicembre e febbraio prevalgono post che raccontano il suo viaggio e l’attività di chef in Palestina: due post del 19 gennaio e dell’8 febbraio ottengono, ad esempio, 29mila e 32mila like, con una copertura che va dai 316mila a 437mila utenti.
«Escludo che il calo di follower sia determinato da un allontanamento di utenti», spiega Rubio. «Il mio seguito viene anche da attività extra-televisive e con l’abbandono dei social di Zuckerberg ci sarà un’ulteriore scrematura e resterà solo chi è davvero interessato ai temi di cui voglio parlare senza essere bloccato. Non vedo perché continuare a produrre un flusso di contenuti interessante per aziende private che violano qualsiasi diritto di libertà di espressione decidendo, al di sopra delle leggi, cosa possiamo dire, leggere e guardare. Non posso impazzire dietro a social che non mi vogliono», conclude Rubio. «Cambio solo campo di gioco. La vita vera è là fuori».