di Giulia Mengolini (lettera43.it, 30 marzo 2020)
Domenica sera, su Canale 5 c’è Live – Non è la D’Urso, che continua ad andare in onda in piena emergenza Coronavirus. La scena madre è questa: Barbara D’Urso con un abito azzurro in paillettes e le mani giunte si rivolge a Matteo Salvini in collegamento, che aveva appena detto di volersi prendere qualche secondo per ricordare le vittime italiane della pandemia: «Io tutte le sere faccio il rosario, non me ne vergogno, anzi sono orgogliosa di dirlo».E in coro: «L’eterno riposo dona loro, o Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Amen». Una preghiera recitata di fronte a milioni di spettatori da una conduttrice televisiva e un leader politico in un momento delicatissimo per il nostro Paese, in cui le paure delle persone sono quasi incontrollate. Inevitabile l’ondata di proteste social che il video, diventato immediatamente virale, ha scatenato. L’indignazione, leggendo i tweet, sembra unanime. Eppure la puntata ha radunato 2 milioni e 988mila spettatori, pari al 13.4% di share. «Chi cavalca la morte per un voto in più non merita l’indulgenza plenaria, ma solo pietà», scrive un utente. «Mio nonno è mancato a due mesi esatti dalla morte di mia nonna. Mi sento profondamente offesa. Lasciate il dolore vero (e le preghiere) fuori dalla tivù spazzatura», scrive un’altra. E ancora: «Una materia tanto delicata affrontata come in una parodia di una soap opera sudamericana», o «è stata una delle pagine più indegne della storia della televisione».
Quando ho chiesto un commento a Vito Mancuso, teologo, docente universitario e scrittore, mi ha risposto: «Premetto di non aver visto la puntata, non per fare lo snob ma non ho mai guardato programmi della D’Urso. Però ho fatto immediatamente un collegamento con il discorso della montagna di Gesù, capitolo 6 del Vangelo, uno dei brani a me più cari. Glielo leggo: “E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. Nell’antica Grecia l’ipocrita, l’hypokritès, era l’attore. In questo caso, le sinagoghe e gli angoli delle piazze citate dal Vangelo sono gli studi televisivi. Se a questo si aggiunge anche la speculazione che indubbiamente si fa del dolore delle persone, il mio giudizio non può che essere fortemente negativo. Trovo quello che è andato in onda inopportuno e molto distante dall’autentica spiritualità».
Mancuso precisa di non conoscere Barbara D’Urso, ma Matteo Salvini sì. «Quello che abbiamo visto non è molto diverso dal rosario che veniva brandito nei comizi elettorali. La Storia ci insegna, da Costantino in poi, che c’è sempre stato uno stretto legame tra fede e potere, e soprattutto in momenti come questo, in cui le persone sono disorientate, brandire i simboli religiosi può essere un’azione che per un certo tipo di pubblico paga». Per il teologo, anche se farlo in campagna elettorale è ingiustificato, è comunque «meno grave di farlo in televisione sul dolore delle persone. Sia spiritualmente sia umanamente, ne prendo le distanze».
La preghiera, sottolinea Mancuso, per essere autentica richiede intimità. «Ogni forma di esibizione di questa diventa uno strumento politico, una propaganda, un’ipocrisia nel senso etimologico del termine: una forma teatrale di esibizione che cerca ricompense». Mancuso spiega che tutto si gioca «a livello terreno: una per avere audience, l’altro per ottenere voti e consensi nei sondaggi. Ma tutto questo non ha niente a che fare con la preghiera, che è vera nella misura in cui perfora – per così dire – l’orizzonte terreno e trasporta chi la compie in una dimensione diversa da quella del rendiconto immediato. Quando si va a battere cassa, come faceva nel Rinascimento la Chiesa che vendeva le indulgenze per costruire la Basilica di San Pietro, si prende il sacro e lo si funzionalizza al profano».