Ambiente e questione femminile: i grandi temi della musica dei nuovi anni Venti

di Filippo Mei (huffingtonpost.it, 6 gennaio 2020)

Da sempre, le decadi della nostra vita sono contraddistinte dallo sviluppo di particolari generi o trend musicali. E allora, che ne sarà dei prossimi dieci anni? Due cose sono sicure, per quanto riguarda la musica live: la salvaguardia dell’ambiente e la questione femminile sono i due grandi argomenti che determineranno questo settore.MichaelStipe_Drive_to_the_Ocean_coverVerso la fine di novembre Chris Martin, cantante dei Coldplay, ha annunciato che la band si prenderà una pausa dai concerti e che non ci sarà alcun tradizionale tour ad accompagnare il nuovo album Everyday life, uscito poco più di un mese fa. Tutto questo, a detta di Chris, con lo scopo di prendersi del tempo affinché i tour futuri dei Coldplay non siano solamente non impattanti sull’ambiente. Il sogno di Chris è quello di rendere i loro concerti plastic-free e possibilmente alimentati solo dall’energia solare. Chris Martin ha detto che sarebbe molto deluso nel caso in cui i futuri show dei Coldplay non fossero a emissioni zero. Certo, come si può notare facilmente andando ad un loro concerto o guardandolo alla televisione (come, ad esempio, in occasione dell’esibizione per l’intervallo del Super Bowl nel 2016), ad oggi la produzione dei loro show è enorme, e ci sarà quindi tanto lavoro da fare.

Ma non sono gli unici musicisti ad avere a cuore l’ambiente, trend destinato ad aumentare nel 2020. Ad esempio, i Massive Attack hanno deciso di lavorare in collaborazione con il Tyndall Centre dell’Università di Manchester sulla sostenibilità ambientale e la riduzione di emissioni nei loro tour. Oppure c’è il caso dei Mumford & Sons; c’è una persona nel loro staff che si concentra su due aspetti fondamentali nel backstage dei loro show: la raccolta differenziata e l’uso di borracce di metallo per eliminare le bottigliette di plastica. Per non parlare dell’attivismo politico-ambientale che ormai musicisti di tutto il mondo e di tutti i generi stanno cominciando a praticare: Michael Stipe, ex cantante dei R.E.M., ha appena messo in Rete una nuova canzone, Drive to the Ocean, i cui proventi andranno all’associazione Pathway to Paris, che unisce artisti di varie specialità e istituzioni con lo scopo di far implementare a più città possibili i famosi Accordi di Parigi dell’Onu sulla riduzione di emissioni; i The 1975, band inglese che riempie arene Oltremanica, hanno annunciato che i guadagni dalla canzone The 1975, primo singolo del nuovo album in uscita a febbraio, con parole e voce di Greta Thunberg, andranno a sostegno del movimento di protesta inglese Extinction Rebellion, che ha sempre a cuore i temi del clima e della salvezza della biodiversità (questa è stata tra l’altro la stessa destinazione dei proventi del primo singolo di Michael Stipe, Your capricious soul, uscito ad ottobre scorso). Adesso è nato anche un sito Internet chiamato Musicians Against Climate Change, con l’obiettivo di creare iniziative e aumentare la sensibilizzazione su questo tema attraverso la musica.

Anche Billie Eilish, il giovanissimo nuovo fenomeno della musica mondiale, si è esposta al fianco di Greta: ha dichiarato che sta tracciando la strada per le nuove generazioni e che queste hanno necessità di essere ascoltate per evitare di morire. Ecco, Billie Eilish. Lei potrebbe nei prossimi anni essere una headliner fissa di festival musicali, dando in qualche modo una risposta al secondo tema del prossimo futuro di questo settore: la questione femminile.

Ormai da qualche anno, ogni volta che esce fuori il poster di un grande festival internazionale, si apre il dibattito su quante band con donne siano presenti. Spesso qualcuno online ridisegna un poster, includendo solo quegli artisti, individuali o gruppi, che presentano una figura femminile tra i loro membri: questo poster è quasi sempre vuoto o con al massimo il 10-20% di tutti quelli previsti per l’evento. E così sono molto forti le campagne di gender equality sulle line-up dei festival musicali, alla ricerca del cosiddetto “50/50 split”. Battaglie di cui Emily Eavis, una delle menti di Glastonbury, il festival più grande e forse più importante d’Europa, è una grande sostenitrice: Eavis ha affermato che l’edizione del 2020 sarà il più possibile vicina a questa suddivisione.

Già nel 2018 una cinquantina di festival hanno annunciato l’impegno per raggiungere questo scopo, con una scadenza fissata al 2022, numero che secondo il Guardian ha ormai raggiunto già quota 150. In aggiunta, sono nati, soprattutto nei Paesi anglosassoni, piccoli (per ora) festival qua e là, che, concentrandosi su questo tema, presenteranno una line-up tutta al femminile: dal Loud Women Fest a Londra fino al Boudica Festival a Coventry, arrivando all’evento organizzato in Messico a gennaio dalla cantante Brandi Carlile dall’eloquente titolo Girls Just Wanna Weekend. Il primo grande festival ad aver raggiunto questo obiettivo è stato il famoso Primavera Sound, che si tiene tra fine maggio e inizio giugno sul mare di Barcellona. E non sorprenderebbe vedere quest’anno lo sviluppo di iniziative di vari promoters su scala nazionale in Inghilterra, e forse anche a livello internazionale, per promuovere le band al femminile, con serate ed eventi a tema.

Questione femminile e ambiente: in fondo la musica è il paradigma della società. E i temi dei prossimi anni sono lì a dimostrarcelo.

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