(ilfoglio.it, 30 dicembre 2019)
Il 2019 è stato l’anno della consacrazione della stand-up comedy italiana. Dalla miniserie prodotta da Amazon Prime Video e visibile su YouTube con Michela Giraud, ai primi tre special italiani di stand-up comedy che Netflix ha prodotto e distribuito in 190 Paesi, i comici della Penisola trainano le piattaforme.E proprio Netflix ha pubblicato in questi giorni la classifica dei dieci show di stand-up comedy più popolari del 2019 in Italia. In vetta troviamo gli special dei tre comici italiani su cui la piattaforma ha voluto puntare quest’anno: Edoardo Ferrario, Francesco De Carlo e Saverio Raimondo. A seguire si posizionano artisti di livello internazionale, principalmente americani: Amy Schumer al quarto posto, poi Kevin Hart, Dave Chapelle, Ken Jeong, Bill Burr, Aziz Ansari e, infine, la serie Comedians of the world che raccoglie gli spettacoli dei migliori comici sparsi per il pianeta.
Nel Foglio di sabato, il direttore Claudio Cerasa spiegava come i tre comici precursori della nuova stand-up comedy all’italiana – Ferrario, De Carlo e Raimondo – stanno rivoluzionando il modo di fare comicità in Italia, «mettendo in atto un proprio, particolarissimo vaffa rivolto alla generazione di comici modello Beppe Grillo». Cosa è cambiato dunque? La comicità modello Beppe Grillo poneva al centro «un costante tentativo di far ridere il pubblico ridicolizzando il potente di turno», scrive Cerasa. Ma «in modo più o meno involontario, il comico che costruisce la sua carriera utilizzando il codice della macchiettizzazione del potente è un comico destinato ad avere sempre di più una connotazione prettamente politica».
Diversamente, la novità introdotta dalla stand-up comedy è quella di essere una comicità che «per la prima volta sceglie in modo capillare di ridicolizzare non tanto l’eletto ma direttamente l’elettore, compiendo così una rivoluzione dai tratti maieutici». In poche parole, «se il Paese in cui vivete non è il Paese dei vostri sogni, forse più che prendervela con chi va al potere (gli eletti) sarebbe il caso di prendervela con chi (gli elettori) ha concesso potere a politici ai quali sarebbe stato preferibile non dare potere», scrive Cerasa. I nuovi comici ribaltano la logica della comicità anticasta e mostrano al pubblico non l’ossessione per i difetti del potere, bensì «uno specchio diabolico indirizzato verso l’irresponsabilità degli elettori».
La comicità che ha partorito il populismo italiano, insomma, non attecchisce più. Non intercetta più lo spirito del tempo, al contrario di una nuova generazione di comici d’avanguardia. Allora sorge spontanea una domanda, che è forse una speranza peregrina: e se fosse la stand-up comedy a salvare l’Italia?