(ilpost.it, 28 agosto 2018)
Un parlamentare ugandese conosciuto con il nome di Bobi Wine, che nel Paese è anche un famosissimo cantante e in realtà si chiama Robert Kyagulanyi Ssentamu, è stato rilasciato su cauzione da un tribunale di Gulu dopo due settimane di detenzione, durante le quali è stato maltrattato e picchiato al punto da aver bisogno di cure all’estero.
Così hanno detto i suoi avvocati e i suoi familiari. Robert Kyagulanyi Ssentamu è anche il capo dell’opposizione al presidente Yoweri Museveni, uno dei leader al potere da più tempo in Africa, e cioè dal 1986. Robert Kyagulanyi Ssentamu era stato arrestato lo scorso 14 agosto durante la campagna elettorale per il seggio parlamentare della città nord-occidentale di Arua: quel giorno un’auto del convoglio del presidente Museveni era stata colpita da una pietra, e c’erano state grandi proteste anti-governative violentemente represse. Durante le contestazioni, che erano durate due giorni, l’autista di Robert Kyagulanyi Ssentamu era stato ucciso: lo aveva riferito lui stesso in un tweet accompagnato dalla foto del volto massacrato del suo autista, in cui diceva che avevano sbagliato bersaglio. Durante le proteste erano stati arrestati più di trenta membri dell’opposizione: tra questi proprio Robert Kyagulanyi Ssentamu, accusato inizialmente di possesso illegale di armi da fuoco da un tribunale militare. Poco dopo le accuse nei suoi confronti erano state ritirate, ma era stato subito riarrestato per il reato di tradimento da un tribunale civile. Il 17 agosto la moglie di Robert Kyagulanyi Ssentamu era stata autorizzata a vederlo, e aveva riferito che il marito aveva delle ferite che lo rendevano irriconoscibile. Qualche giorno dopo Kyagulanyi era comparso nell’aula del tribunale militare e i suoi avvocati e familiari avevano denunciato esplicitamente che fosse stato picchiato e torturato: la sua faccia era gonfia, aveva fratture multiple ed era stato colpito così tanto da non poter stare seduto né in piedi, e da non poter nemmeno camminare da solo. Le sue ferite erano così gravi, avevano detto, che per gran parte dell’udienza non era nemmeno rimasto pienamente cosciente: «Il bisogno di cure mediche è urgente. Ci sono serie complicazioni. Potrebbe dover andare all’estero se la sua salute lo consente». Nonostante le immagini, l’esercito aveva negato di averlo picchiato, dicendo che le accuse di tortura erano «spazzatura». Il presidente Museveni aveva confermato spiegando che fosse una “fake news”. Negli ultimi giorni il governo dell’Uganda ha però dovuto affrontare diverse pressioni internazionali per liberare Kyagulanyi. Più di ottanta artisti, attivisti e politici hanno firmato una dichiarazione in cui condannano «l’arresto, l’incarcerazione e il feroce attacco fisico compiuto dalle forze governative ugandesi» contro Kyagulanyi. Tra i firmatari ci sono Chris Martin, Chrissie Hynde, Brian Eno, Damon Albarn, il musicista africano Femi Kuti e Wole Soyinka, il drammaturgo nigeriano premio Nobel per la Letteratura nel 1986. Il 27 agosto Kyagulanyi, insieme a un altro deputato arrestato durante le proteste, è stato rilasciato su cauzione: le accuse di possesso di detenzione illegale di armi sono cadute, ma nei suoi confronti rimane quella di tradimento, per cui verrà processato il 30 agosto. La corte, nel concedergli la libertà su cauzione, ha detto che non c’era alcun rischio di fuga e il passaporto non gli è stato confiscato. Fino a poco tempo fa Robert Kyagulanyi Ssentamu era conosciuto quasi esclusivamente come Bobi Wine, per i suoi successi come cantante. Nel 2016 però si era rifiutato di collaborare con molti altri famosi musicisti dell’Uganda alla campagna per la rielezione di Museveni, spiegando che il presidente governa dal 1986 e che non aveva più nulla da offrire al Paese. Nel 2017 Kyagulanyi aveva deciso di candidarsi da indipendente alle elezioni suppletive per un seggio parlamentare, vincendo contro il candidato del partito di governo e anche contro un membro dell’opposizione. Quando aveva giurato al Parlamento, nel luglio del 2017, in Uganda era in corso un dibattito costituzionale molto acceso che riguardava l’articolo 102b, che impediva a chiunque avesse meno di 35 o più di 75 anni di diventare presidente. Museveni compirà 75 anni nel settembre del 2019 e in base a quella regola non avrebbe potuto essere rieletto alle elezioni del 2021. Il partito di Museveni aveva dunque iniziato a fare pressioni perché l’articolo venisse modificato e l’opposizione aveva lanciato una campagna contraria con lo slogan #Togikwatako, che nella lingua luganda, la più diffusa nel Paese, significa “Non toccatelo”. La campagna aveva avuto molto successo, diffondendosi in breve tempo in numerose altre lingue e raccogliendo migliaia di persone nelle piazze. Bobi Wine era diventato una delle voci principali del movimento e si era esposto pubblicamente in varie occasioni. Nel settembre del 2017, seduto a pochi metri da Museveni per l’inaugurazione di una serie di conferenze in onore di Nelson Mandela, aveva suggerito al presidente di seguire l’esempio di Mandela e di dimettersi. Meno di due settimane dopo, in una canzone, aveva detto che i parlamentari del partito di governo erano dei traditori e aveva invitato gli ugandesi a «difendere la Costituzione» prima che diventasse «troppo debole per difenderci». Alla fine, nel dicembre del 2017, il Parlamento dell’Uganda riuscì comunque ad approvare la modifica della Costituzione voluta da Museveni. Ma il movimento che si era costruito intorno al #Togikwatako non si era sciolto, e con il sostegno di Bobi Wine è stato fondamentale in alcune recenti vittorie dell’opposizione. L’Uganda ha una delle popolazioni più giovani del mondo, così giovane che oltre il 70 per cento dei cittadini del Paese non ha mai conosciuto un presidente diverso da Museveni. Wine, che è giovane, brillante, carismatico e proviene da un ambiente povero, è dunque una figura molto pericolosa per il presidente. È anche molto ambizioso: di recente si è paragonato al presidente francese Emmanuel Macron e non ha nascosto le sue ambizioni presidenziali. Molte sue canzoni trattano di questioni sociali e politiche e chiedono ai giovani di agire per migliorare la loro vita e il Paese in cui vivono. Tuttavia ha anche degli aspetti controversi e ha dovuto affrontare diverse accuse di omofobia.