di Luigi Crespi (huffingtonpost.it, 10 agosto 2018)
Niente è naturale nella comunicazione e questo non è un male se non si vuole fare della spontaneità un valore. Gli strumenti che almeno dagli ultimi dieci anni sono nella disponibilità di imprese e pubblicitari possono far paura per la capacità di mappare il nostro cervello, di affettarlo come un prosciutto.Quando qualche anno fa cominciammo ad utilizzare le scansioni delle reazioni neurali alle emozioni visive per applicarle alla comunicazione pubblicitaria raccolsi due reazioni, la prima di chi mi guardava come una specie di “dottor Stranamore” e la seconda, più diffusa, come uno scemo che buttava via i suoi soldi e quelli dei suoi clienti. In realtà, superato il provincialismo, in Italia con una certa inconsapevolezza testammo tra i primi tecniche che hanno dato risultati leggendari (che non voglio però commentare ora). Oggi non ci sono più dubbi e ambiguità: la comunicazione passa attraverso strumenti molto ma molto più sofisticati, sostenuti dalle nuove scoperte e da studi sul “comportamento” umano, dalla psicologia cognitiva fino alle neuroscienze, con cui si è data vita a nuove mappe comportamentali che rappresentano una vera “mappa del tesoro” che consente di capire cosa funziona e cosa non funziona sulle persone intese come consumatori/elettori. Mappano il nostro cervello, tracciano le nostre paure, le nostre emozioni, ripercorrendo le tracce che lasciamo sulla Rete, non solo sul Web ma anche con i nostri acquisti e i nostri spostamenti. Diventiamo un target su cui puntare una pistola che ad ogni colpo non può che fare centro, perché vengono anticipati i nostri bisogni indotti e reticolati da brand avvolgenti e puntuali. Non c’è niente di naturale, di spontaneo: è tutto costruito, e spesso bene. Solo così si spiega il successo antiestetico di Donald Trump nel mondo e di Matteo Salvini in Italia, e di personaggi simili in molti Paesi europei. Come spiegare, altrimenti, campagne pubblicitarie come quelle di Conad che esordiscono con «Nessun uomo è un’isola», così lontano dal 3×2 tanto che in tutto lo spot non si parla mai del prezzo, elemento attrattivo per anni della grande distribuzione: identità al posto della convenienza per contrastare i discount che, sul “prezzo”, hanno fatto il pieno. In politica non è diverso e la cronaca ci aiuta a capire il governo del cambiamento e la sua “strategia dell’asino che vola”, la tecnica che viene messa in campo ad ogni difficoltà. Un esempio: in un’intervista sul più importate giornale economico italiano, il ministro dell’Economia prende posizione su questioni centrali in modo dissonante, quindi si respinge l’attacco in tre mosse, la prima è sminuire/smentire e poi rilanciare con cura (abolizione del pareggio di bilancio in costituzione) e infine spostarsi altrove con una polemica forte, quella di Salvini che annuncia di voler cambiare il modulo per la richiesta della carta d’identità (via genitore 1 e 2 per ripristinare padre e madre), un immenso cazzeggio capace di accendere i social e di mettere in campo le fazioni opposte, così magari si sposta l’attenzione anche dai casini sulle vaccinazioni. Smentire, contrastare e distrarre l’attenzione con l’asino che vola. Tutto questo fornisce risultati finché resta chiaro a chi guida la comunicazione di un brand pubblico, privato o politico che cosa ci ispira o cosa ci spaventa, oppure cosa ci seduce o cosa ci fa sentire soli o amati, cosa ci fa sentire al sicuro o cosa mette in moto il nostro senso di colpa. Usano le informazioni su di noi per nascondere la verità e manipolare la mente, agiscono quando la soglia della nostra attenzione cala e lo fanno agitando archetipi e miti come clave. La questione non è più tra persuasione e democrazia, tra diritti dei consumatori e consumo. In gioco non c’è il futuro di Salvini o di Trump, ma il mondo per come lo abbiamo conosciuto. Obesi, connessi e distratti, con una riduzione dell’aspettativa di vita, sembra essere il futuro che ci aspetta, vittime di flussi emotivi che si liberano nella rabbia senza forza. Non c’è in gioco la democrazia, ma il futuro stesso dell’uomo. Pensateci e non confondetevi, qui non siamo di fronte alle scie chimiche o allo sbarco degli extraterrestri, quello di cui parlo è già realtà da tempo ed ora è arrivato alla politica. E per noi è arrivato il tempo della consapevolezza.