di Fulvio Giuliani (linkiesta.it, 15 gennaio 2018)
Donald Trump pare ne abbia fatta un’altra, definendo alcuni Paesi – per lo più africani e centroamericani – “di merda”. Un felice giro di parole, nulla da dire, soprattutto se pronunciato dal leader di quello che un tempo si definiva “il mondo libero”, e per di più nello Studio Ovale della Casa Bianca.Non mi interessa, però, soffermarmi sull’ennesima, spettacolare gaffe, ma ragionare su una specie ben definita: il fan italiano di The Donald. Il Presidente degli Stati Uniti, infatti, gode nel nostro Paese di una vera e propria claque, tifosi sfegatati, senza se e senza ma. Qui non si tratta di essere pro o contro una politica (Trump ha una politica?!), un’amministrazione e tanto meno un’idea di America. Qui si tratta di amare visceralmente un uomo “che gliela fa vedere a tutti”. Uno che se ne frega (dove l’ho già sentita, questa?), che parla come nei peggiori bar di Caracas e incarna il No sempre e comunque ai valori propri della convivenza fra Stati e, in definitiva, fra persone. Perché, allora, piace tanto in Italia? Innanzitutto, dobbiamo porci una domanda: il trumpismo non è qualcosa che il nostro Paese sta già vivendo? Analizzando queste prime, parossistiche giornate di campagna elettorale, questo modo di far politica non si è già impossessato – almeno in parte – di noi? Ascoltiamo di tutto e in alcuni casi – per esempio, l’abolizione totale delle tasse universitarie, proposta dal teoricamente sinistrorso Grasso – resta in bocca un inconfondibile e paradossale sapore da ultradestra repubblicana. Soprattutto, si assiste al tramonto della realtà. Dall’Università al canone Rai. Dalla Flat Tax, mai realmente spiegata, al reddito di cittadinanza, sempre meno citato. Dalla cancellazione (anzi no, forse un pochino) della legge Fornero a quella della obbligatorietà dei vaccini, il fantastico soppianta il realistico. Non conta che sia vero, ma che possa esserne una versione alternativa e profondamente soggettiva. Esattamente come teorizzato da Trump e dai suoi guru. Proposte buone per un giorno di campagna elettorale e di ossessiva presenza sui social. Il dopo 4 marzo è un’altra storia, da spiegare magari più avanti, quando più nessuno ricorderà i fuochi d’artificio di oggi. Portati via dal vento, esattamente come i fumi di uno spettacolo pirotecnico. La politica, dunque, fa il suo, nel realizzare, magari inconsapevolmente, una versione alla mediterranea di alcune caratteristiche proprie del trumpismo. Però è fra gli elettori italiani che The Donald può vantare veri e propri ultras. Guardiamoci intorno e tendiamo l’orecchio: Trump è il sogno realizzato di chi odia tutto e tutti, di chi pensa che l’unica soluzione ai problemi sia negare i problemi. Quando sentiamo parlare di stranieri e immigrati (tutti ‘marocchini’, tutti ladri, tutti comunisti, tutte puttane), davanti alle nostre scuole, nei nostri bar, nei capannelli, in fila alla cassa del supermercato, la star non può che essere Trump. Il presidente che parla come loro, dando al potere la stessa voce del rancore sociale. È il faro di chi pensa sia giusto pagare le tasse e lavorare seriamente, purché non sia lui a doverlo fare. Il lui in questione, infatti, è invariabilmente una vittima del ‘sistema’, dei politici ladri, dei padroni affamatori e ora ha il diritto di reclamare un Punitore, un giustiziere. Chi, se non l’uomo più potente del mondo, nella versione 5.0. Da quinta elementare, appunto. Il Presidente che riduce il riscaldamento globale, la globalizzazione stessa, ad un’alzata di spalle. Al massimo, a un problema per i nostri bisnipoti e quindi a un bel chi se ne frega (aridaje) via Twitter. Il peone italiano gode, si esalta. Sogna anche qui, finalmente, il potente che parli come lui – in realtà, in questo abbiamo forse da insegnare all’America – ma che soprattutto neghi i problemi. Il potente che ci eviti anche il fastidio di dover pensare. Perché pensare complica la vita, la appesantisce. Il peone detesta quelli bravi a parlare, quelli che hanno studiato e non si rassegnano alla via più semplice. Se non pericolosi, sono certamente noiosi. Vuoi mettere The Donald, il suo mondo semplice, facile, chiaro e limpido… nessun dubbio, nessun mutamento. Sempre uguale, bianco o nero. Preferibilmente bianco. La claque applaude, la giostra gira e pazienza se sul cavallo c’è solo Lui.